domenica 5 novembre 2017

Il castello di domenica 5 novembre



LERICI (SP) - Castello di Barbazzano

Sulle alture di Fiascherino, sorge un piccolo paese di origini antichissime (Barbazzano), o meglio restano le rovine di quel che fu, la cui fine sfuma nella leggenda. L'etimologia si perde nel tempo ed è presumibile pensare che il nome derivi dal latino Barbatus "cognomen" ampiamente diffuso tra la gentes Cornelia,Valeria,Oratia etc. oppure come sosteneva il De Rossi, dalla famiglia dei Balbi, come pure Carbognano da Carbonius, Verazzano da Veratius etc. Esiste infatti presso il museo di Parma una tavola bronzea rinvenuta presso Valleia e denominata "Tavola Alimentaria di traiano" nella quale sono riportate le origini dei nomi di alcuni insediamenti romani; Troviamo cosi' Fondum Aemilianum da Marco Emilio Scauro per Ameglia, Fondus Vetianum, da Caio Vezio Secondo per Vezzano etc. (non figura in elenco Barbazzano). Comunque, accettando questa ipotesi, possiamo definire una prima data di nascita per il borgo di Barbazzano quale insediamento romano, data che si aggira tra il 177 A.C e il 157 A.C. Già menzionato in un diploma di Ottone II del 981, dal 1152 compare in alcuni documenti insieme al borgo di Ameglia e nel XIII secolo divenne comune sotto la protezione di Pisa. La sua economia era basata prevalentemente sull’agricoltura e la pastorizia, come testimonia il paesaggio terrazzato che circonda questi luoghi, ma l’importanza e la fama gli derivavano soprattutto dalla sua marineria, tanto che i suoi marinai avevano l’onore di accompagnare il vescovo di Luni nei suoi viaggi per mare. Oggi si può visitare quel che resta del piccolo borgo murato, incamminandosi lungo un ripido sentiero che dal borgo di Tellaro sale tra antichi ulivi, immersi nel profumo della macchia mediterranea fino a raggiungere i 115 metri sul livello del mare. Si raggiunge, così, il villaggio di Portesone, in cui è ancora possibile ammirare le case in pietra su due piani che gli abitanti abbandonarono nel XVI secolo per un’epidemia di peste. Da qui, proseguendo il cammino in direzione di Lerici, si arriva alle rovine di Barbazzano, dove restano solo alcune case in pietra, mentre la chiesa e la cinta muraria sono definitivamente andate perdute. La leggenda vuole che sopra una delle porte di accesso al borgo vi fosse scolpito un grifo, in onore del grande rapace che si avventò con violenza sul feroce condottiero, che con i propri soldati aveva preso d’assedio il piccolo paese. Una vittoria insperata a colpi di becco che salvò, solo temporaneamente, la comunità di Barbazzano. Il triste abbandono del borgo, pare infatti risalga ad un’epidemia di peste, che decimò la popolazione nel XIV secolo e fece fuggire i superstiti che costruirono così il borgo di Tellaro. Una visita emozionante, dunque, quella a queste antiche rovine, dove ciò che non c’è è ampiamente compensato dall’alone di mistero e leggenda che ancora aleggia tra le pietre, che qui giacciono come testimoni di un passato lontano. Oggi il luogo si presenta in tutto il suo squallore; terreno incolto, muraglie diroccate, la vegetazione selvaggia che ricopre e si impossessa di tutti quei resti che ancora potrebbero dare interessanti significati a cumuli di pietre cotte dal sole e sgretolate dal tempo. Questo è Barbazzano. Eppure, osservando con scrupolo fra le sterpaglie e le alte erbe, non è difficile scorgere qualche segno che certamente ha riferimento con ciò che deve essere stato il borgo antico. La testimonianza più rilevante e evidente, per chi visita quel luogo, è certamente la torre. Essa è disposta sulla collina, visibile da buona parte del Monte Murlo, Bandita, Rocchetta e dal mare. A base quadrata, si erge sugli olivi, mancante alla sommità, per una altezza variabile dai 7 agli 8 metri. Sul suo lato anteriore di circa 4 metri, con spessore di cm 80, si apre la porta ad arco, con luce di metri 1,50 per 3,50. A piè dell'arco, per chi guarda con le spalle rivolte a Serra, si scorge, al culmine dello stipite destro, una pietra sporgente e forata, cardine dell'antico portone. Osservando la disposizione dei ruderi e delle "vie storiche" che praticamente circondano Barbazzano, considerando inoltre l'importanza dei luoghi che dette vie uniscono, sembra impossibile ritenere che quella tuttora esistente all’interno della torre, sia l'unica porta del borgo fortificato. Certamente si tratta di una porta, ma sicuramente una delle meno importanti ivi esistenti, poiché dalla strada che scende dalla torre si giunge al canale d'Arlino l’Arliano del Codice, e da lì a Fiascherino,mentre dal lato opposto, a monte, passa la via principale, o meglio si incrociano le vie che uniscono Barbazzano a La Serra, a Tellaro, Portesone, Capo d'Acqua e quella che si riunisce nei Senti con la via d'Ameglia. Le tre vie che al contrario scendono al mare, hanno come loro naturale destinazione le tre spiagge racchiuse tra la Punta di Mezzana e quella di Trigliano. Ad un più attento esame, la porta della torre, si presenta stranamente incompleta, mancante della parte superiore all'arco, lasciando ad intendere un rifacimento in epoca posteriore a quella della costruzione, oppure, cosa più attendibile, ad un asporto di pietre sagomate che verosimilmente potrebbero aver trovato una nuova collocazione nella facciata della chiesa, dopo la visita pastorale del delegato Francesco Bottini del 1568. La chiesa, sul crinale, poco sotto la sommità della collina, 12 metri per 8 circa, non presenta, come asserisce il Poggi alcun coro circolare e probabilmente nasce dal riutilizzo di una struttura militare probabilmente romana, ivi esistente. Lo dimostrerebbero le due feritoie arciere posizionate in modo da controllare il sovrastante crocevia e il raffinato arco ribassato con i cardini interni alla costruzione nonché l’originale alloggiamento del trave di chiusura. Dopo il suo ultimo utilizzo a stalla, sta oggi diroccando. Dedicata a San Giorgio, secondo la documentazione, si presentava con tre altari e fonte battesimale in marmo bianco. Compare citata per la prima volta fra le carte del Monastero di San Venerio del Tino nel documento n. CCXXXII del 1280. Non presenta campanile ma non può escludersi l’utilizzo di una o più campane che avrebbero potuto alloggiare in una struttura lignea. Nell’atto sopra citato si legge... "candelis accensis et campanis pulsatis". La fine di Barbazzano ha dato origine ad interpretazioni discordi tali, da confondersi con la leggenda che vedrebbe il borgo distrutto e depredato da quei pirati Saraceni che infestavano il golfo e buona parte dei mari italiani, o forse dagli stessi uomini di Portovenere, durante la notte della vigilia di Natale tra gli anni 1562 e 1564. Questa tesi, come d'altro canto le altre, non può essere in alcun modo suffragata da alcun supporto storico, lascia anzi maggior spazio alla supposizione che la distruzione del borgo sia soggetta al crescere economico dei borghi limitrofi e all'abbandono del luogo, da parte della popolazione stessa verso centri in cui fosse molto più facile vivere. Non escluderei la più semplice delle ipotesi da ricercarsi nel termine Barbacane, di etimo incerto, dove in una struttura militare, si indica sia uno sperone addossato alle mura, sia una struttura avanzata di difesa. Altri link suggeriti: http://www.lunigianainsolita.com/articolo/la-torre-di-barbazzano-appunti-di-g-cabano, https://www.youtube.com/watch?v=UlHVXqT0V_g (video di Bad), http://laspezia.cronaca4.it/2017/03/07/visita-storico-culturale-dei-paesi-fantasma-portesone-barbazzano/49324/

Fonti: http://www.tramedilunigiana.it/it/risorsa/sito-archeologico/rovine-di-barbazzano, http://www.wikispedia.it/mediawiki/index.php?title=BARBAZZANO

Foto: la prima è presa da http://www.carraraonline.com/barbazzano.html, la seconda è presa da http://ecensus.parcomagra.it/carte/cib/archeo/archeo1.htm

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