giovedì 2 giugno 2016

Il castello di giovedì 2 giugno






BUGGERRU (CI) – Torre di Cala Domestica

La torre può essere raggiunta dalla strada che da Buggerru sale verso il villaggio "Planu Sartu" e poi prosegue sino a Cala Domestica. Oppure si segue il percorso che da Gonnesa conduce a Masua e Acquaresi. Da qui si costeggia sulla s. un fiume, sino alla spiaggia e si risalire a piedi il promontorio di Cala Domestica per circa 300 m. La torre sorvegliava l'ingresso alla spiaggia in cui era un porticciolo d'imbarco dei minerali provenienti dalle varie miniere della zona. Dal fortilizio si possono vedere le torri di Porto Paglia, il Forte sabaudo di San Vittorio, l'isola Piana e capo Pecora, dove si trovava la "guardia morta" (vedetta mobile senza torre) in località Sa Guardia de Is Turcus. Il nome del fortilizio deriva dall'omonima baia di Cala Domestica. Il significato di questo toponimo è forse riconducibile alla presenza di una fattoria medievale o "domestia". Non è chiara l’origine dell’impianto. Tuttavia il suo valore strategico è rimasto immutato nel tempo. Nel 1572 il capitano di Iglesias don Marcantonio Camos, nella sua Relaçion de todas las costas maritimas de lo Reyno de Cerdeña, indicando i siti ottimali per l’impianto delle erigende torri costiere, giunto al Cabo del Dado, adiacente a Cala Domestica, individuabile oggi forse nel Monte Guardianu, aveva previsto la predisposizione di una stazione di vedetta con due sentinelle armate ma non aveva pianificato l’edificazione di una torre. Sei anni dopo il vicerè don Miguel de Moncada vergava a sua volta un prospetto sullo stato delle difese dell’isola, indicando successivamente i siti prescelti per l’edificazione delle torri sulla falsariga della relazione del Camos. Questi aveva previsto la costruzione di una torre sul Monte del Dado per una spesa complessiva di 200 ducati. Vi è da dire che la carta dell’architetto Rocco Cappellino, pubblicata nel 1577, menzionava già un presidio all’altezza dell’odierna Cala Domestica, forse niente più di una scolta armata. La torre però non appare nelle relazioni successive, fino al 1798, quando è citata nella relazione del viceré Vivalda, sul bilancio e spese della Reale Amministrazione della Torri. Secondo questa relazione la torre allo stato di progetto si sarebbe dovuta chiamare "torre di capo Pecora" o "punta San Nicola", ovvero torre di "San Nicolò", perché inizialmente si pensava di costruirla in quel promontorio. Solo quando fu costruita nel promontorio di Cala Domestica ebbe il suo nome definitivo. La costruzione ebbe avuto inizio nel 1765 (nel periodo sabaudo), ma ancora nel 1777 non era conclusa. Successivamente furono approntati i lavori per l'edificazione del baluardo secondo il progetto dell'ingegner Daristo; in realtà a causa dei lavori malamente eseguiti dall'impresario cagliaritano Salvatore Caredda, la struttura era parzialmente crollata. Solo dopo altri interventi la torre fu ultimata fra il 1785 e 1786, dopo aver assunto il nome di Nuova Torre di Caladomestica. Nel marzo del 1786 vi si insediò la guarnigione: un alcaide e alcuni torrieri. Nel 1820 e nuovamente nel 1831 le strutture della torre furono interessate da significativi lavori di restauro. Nel marzo del 1843 risultava ancora armata dagli uomini del Corpo Reale Artiglieria. Disarmata nella seconda metà del XIX secolo, la torre fu nuovamente utilizzata nel corso del secondo conflitto mondiale ospitando il personale della rete d’avvistamento costiero della Regia Marina. Nella seconda guerra mondiale fu un punto d'osservazione. La scala in ferro al suo interno, ancora in situ, risale a quell'epoca. La torre è compresa nelle principali opere sulle fortificazioni costiere in Sardegna. La struttura, realizzata con una muratura in pietrame calcareo, sbozzato e allettato con malta bastarda, presenta forma cilindrica di circa 12 m di diametro e 11 m d'altezza dallo zoccolo al lastrico d’armi. Il boccaporto, cui si accedeva mediante una scala di corda, realizzato con piedritti e architrave in pietra e arco di scarico a sesto ribassato (aperto a circa 6 m dal suolo), immette in un'unica camera voltata a cupola di circa 7 m di diametro, in cui le aperture delle sei troniere, cioè delle feritoie e della scala d'accesso sono disposte in maniera simmetrica. La cupola è realizzata con pietre non squadrate. L'ambiente era ventilato grazie ad un foro di aerazione posto sulla chiave di volta della camera, oggi chiuso. Vi sono inoltre un caminetto e la botola della cisterna per la raccolta dell’acqua piovana; quest'ultima è accessibile grazie ad un'apertura nella muratura di base. Tramite una scala ricavata nello spessore della muratura si accede alla piazza d'armi (la piattaforma esterna), rimaneggiata durante la seconda guerra mondiale quando il fortilizio divenne un punto d'osservazione, sono visibili le tracce delle cannoniere e di quattro garitte disposte anche queste in giacitura simmetrica. Sempre all'esterno, all'altezza del piano di copertura, sono presenti alcune mensole, costruite in tufo, che sostenevano l'impalcatura di difesa.


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