venerdì 29 gennaio 2016

Il castello di venerdì 29 gennaio






LUCOLI (AQ) - Castello del Conte Odorisio in frazione Collimento

Il nome Lucoli, deriva dal latino "Luculus" cioè boschetto sacro. I suoi primi abitanti furono i sabini, ma le prime notizie storiche sicure risalgono all'alto Medioevo. L'abitato ebbe origine da alcuni gruppi di contadini che si erano riuniti intorno al monastero benedettino di San Giovanni. Dopo essere stata feudo dei Conti di Collimento, Lucoli divenne regia, entrando nel territorio comunale de L'Aquila. Nel 1529 fu però infeudata agli Ossorio. In seguito passò agli Alvarez Ossorio (1560), ai Colonna (1581), ai Palma (1610), di nuovo dei Colonna (1635), ai Barberini (1661-1806). Sono stati condotti degli studi sul Castello di Collimento edificato intorno al 1100 dal conte Odorisio (appartenente ad un ramo della famiglia dei conti dei Marsi) che possono darci delle informazioni interessanti sulla vita del tempo. Lucoli ha avuto un vissuto storico piuttosto interessante, era governata da due importanti centri di potere: il "Castellum Colomonti" e l’abbazia benedettina di San Giovanni Battista. Lo scoglio roccioso che si protende in direzione nord sul torrente Rio, poco fuori le case dell’attuale Frazione di Collimento è stato identificato, almeno in parte, con Columente, noto dalle fonti farfensi come residenza di ben 79 fittuari. In questo luogo, che nella toponomastica attuale viene indicato come "il castello", vennero rinvenuti frammenti ceramici e tracce evidenti di lavoro umano rappresentate dalla spianatura della roccia calcarea naturale e da una serie di sei o sette buche di palo. Questo tipo di ritrovamenti si possono riferire al periodo di vita della curtis e convivono con resti, anche consistenti, di epoca più antica. E' stato ritrovato un muro in opera "poligonale", che deve essere stato rilevante, che circonda il lato est dell’altura, di questo manufatto si parlò nel convegno "Sistemi fortificati preromani lungo la dorsale appenninica abruzzese", Chieti, 11 Aprile 1991. L'insediamento nella valle lucolana del conte Odorisio determinò senza dubbio il costituirsi di un centro di potere in qualche modo antagonista ai possedimenti farfensi. La posizione della valle si caratterizzava come area di frontiera, al confine con zone di maggiore centralità sia politica che geografica, ma l’insediamento di un potere a base locale come quello dei Collimentani fu senza dubbio un evento non circoscritto ma collegabile a dinamiche storiche di più ampio respiro. Nella scelta di quel luogo per la costruzione del castello giocarono senza dubbio una molteplicità di fattori. La valle di Lucoli offriva, infatti, quei vantaggi che probabilmente erano già stati apprezzati dagli antichi frequentatori di Colle Munito e di Collimento: una struttura morfologica stretta e allungata, ben difendibile attraverso due sole entrate naturali, a valle e a monte, e la possibilità di rimanere al tempo stesso collegati, tramite brevi tratti di sentieri montani e di mezza costa, ai territori circostanti. In quegli anni si verificarono le prime scorrerie dei Normanni che costrinsero i feudatari a costruire castelli per difendersi. La valle, inoltre, era strategicamente importante per il controllo che comunque esercitava sui pascoli di Campo Felice oltre che per un avviato sfruttamento silvo-pastorale, beni di cui godevano evidentemente le terre della curtis farfense e che per questo erano stati per lungo tempo al centro di così tante dispute. Il conte Odorisio volle, poi, stabilire un potere personale in un’area limitata ma economicamente ben avviata e in cui da anni il controllo e l’influenza dei grandi monasteri erano messe costantemente in discussione. Cercò quindi di impiantare un centro di potere alternativo attraverso una condotta politica sufficientemente accorta: in sostanza "capì che una qualsiasi politica di potenza non poteva in quel momento contrapporsi alla politica religioso-monastica, ma doveva passare esclusivamente per essa". Il conte Odorisio fondò così ex novo l'abbazia di San Giovanni Battista, attuando una pratica che si diffondeva nel tempo: le signorie rurali attuarono una duplice politica nei confronti del potere monastico, da un lato si adoperarono per non entrarci in conflitto, continuando la pratica delle donazioni, dall’altro escogitarono il modo di non perdere il controllo sui territori tramite la fondazione di nuove abbazie, istituendo cioè nuove comunità religiose indipendenti dalle grandi abbazie e dallo stesso potere dei vescovi. Per quel che riguarda la fase della costruzione del castello le fonti sono sostanzialmente concordi nel definire il 1077 come terminus ante quem. Dalla donazione di Odorisio si evince infatti l’esistenza del castello e di tutte le sue pertinenze, compresi i vari servi e dipendenti. Nonostante questa documentazione storica l’aspetto che più ha colpito gli studiosi relativamente al sito del 'castello' è l’assenza di strutture medievali visibili. Non è stato possibile eseguire letture stratigrafiche degli elevati così come non è stato possibile delineare anche solo uno schizzo del suo profilo o dei corpi di fabbrica di cui fosse composto. Anche per la totale mancanza, nella documentazione cartacea, del benché minimo accenno all’aspetto del castello, per non citare la totale assenza di fonti iconografiche anche tarde. Il controllo del territorio risultò sostanzialmente di vita breve e travagliata. Il fallimento è da intendersi nell’ottica laica del controllo di lunga durata del Lucolano. È probabile che, ad una tale precarietà del potere, facesse da specchio una relativa modestia delle strutture castellane, di cui infatti, in superficie, non rimangono tracce tangibili. A questa considerazione vanno aggiunti altri due fattori: la possibilità che le strutture medievali forse non eccessivamente monumentali siano state smontate e riutilizzate in epoche successive come cave di materiali per il borgo sottostante; e che le ridotte dimensioni del castello di Odorisio (per altro confermate dalle dimensioni dello sperone roccioso) si riferiscano piuttosto ad un ridotto difensivo fisicamente staccato dall’insediamento vero e proprio. Purtroppo il paese attuale, che fino alla metà del secolo scorso conservava intatte molte delle sue vie e abitazioni in pietra a vista, come molti nella valle di Lucoli e in generale nei territori circostanti, ha subito pesanti restauri e nuove costruzioni a partire dagli anni sessanta del secolo scorso che ne hanno obliterato irrimediabilmente l’aspetto originario. È difficile seguire le sorti della discendenza di Odorisio attraverso la scarsa documentazione rimasta, sebbene il documento del 1077 citi esplicitamente dei figli. Le varie ricostruzioni della genealogia dei Collimentani non sempre sembrano coincidere con le parentele espresse in alcuni documenti. Sebbene sia chiaro che Collimento diede il nome a tutti i futuri discendenti del conte per moltissime generazioni, è ragionevole comunque ipotizzare che i suoi diretti eredi quasi sicuramente non risiedessero più nel castello, sebbene continuassero ad esercitare una sorta di patronato sull’abbazia di San Giovanni. Nel 1126 infatti un certo Teodino Sancti Bictorini forse al tempo conte di Amiterno, presenziò alla donazione di un mulino sito in località Adunale a pro del monastero di Collimento da parte del presbitero Pagano e suo fratello Gualtiero. L’abbazia dunque continuava ad espandere i suoi possedimenti. Fra il 1158-1168, risulta che Colimenti e Luci (Lucoli) sono per metà posseduti da un certo Benegnata figlio di Garsenio, feudatario di Gentile Vetulo. I Collimentani invece sembrano essersi ritagliati altre sfere di influenza se Todinus de Colimento possiede Ocre con altri feudi e Berardus de Colimento, suo consanguineo, possiede Stiffe, Rocca Cedici e Barile. Dopo la distruzione di Amiterno e di Forcona da parte di Federico II, il Castello di Lucoli con la sua contea e la sua abbazia fu considerato il più importante tra quelli soggetti allo Stato Pontificio (Murri 1983, 10; Chiappini 1941, 42). Nel 1229 I fiscalismi eccessivi indussero il popolo di Amiterno e di Forcona a fare ricorso al papa Gregorio IX in richiesta d‟aiuto. Il Pontefice, commosso, esortò gli oppressi a riunirsi e a fondare una città indipendente «ad locum Acculae» (Rivera G. 1906, 232-233 n. 411; Barbato-Del Bufalo 1978, 21). Con essa, pur rimanendo soggetti ai tributi imposti dal Conte di nomina regia (prestazioni feudali destinate al conte e “collette” destinate al Re), i piccoli comuni potevano dipendere da un Comune maggiore conservando un limitato potere politicoamministrativo, consistente nella libera elezione del podestà e dei consiglieri e nella facoltà di assumere provvedimenti di carattere economico e religioso (Murri 1983, 11). Più avanti il podestà si chiamò Sindaco e i sottoposti furono detti maestri, giudici, massari, baiuli. Nel 1581 Lucoli e le sue ville furono vendute alla famiglia Colonna di Roma. Il primo feudatario fu Marzio Colonna, duca di Zagarolo, che ebbe nove figli da Giulia Sciarra Colonna dei Signori di Palestrina e morì nel 1607. Il primogenito Pierfrancesco nel 1610 dovette vendere la proprietà al napoletano Marcantonio Palma, duca di S. Elia, per via dei debiti del baronato del padre. Ma più tardi la riacquisì suo figlio Pompeo. Intorno al 1635 Pompeo Colonna, figlio di Pierfrancesco, riacquisì il feudo che era stato alienato da suo padre. Il ramo dei Colonnesi di Zagarolo si estinse e i beni di Lucoli furono reincamerati dal Regia Corte (Murri 1972, 27-28). Messi all'asta dalla R. Corte per l'estinzione della stirpe, i beni devoluti da Pompeo Colonna di Gallicano e Duca di Zagarolo furono acquisiti per 200.000 ducati da Maffeo Barberini di Sciarra, principe di Palestrina, con atto siglato dal notaio Matteo Angelo Sparano e da Mons. Attilio Marcellini procuratore speciale del Principe Barberini, poi ratificato dal re Filippo IV con privilegio datato 5 maggio 1663 (Arpea 1999, 118). Così, nel 1663 il principe Maffeo Barberini entrò ufficialmente in possesso dei compartimenti acquisiti, tra i quali figuravano:
Lucoli (con 14 ville di Lucoli e 5 di Roio)
Cicolano (con 12 ville)
Tornimparte (con diverse ville, Rocca Santo Stefano e Sassa)
Roccadimezzo (con Roccadicambio e Terranera)
Fontavignone, Fosse, Sant'Eusanio e Casentino (Arpea 1964, 158).
Dal 1663 i Barberini governarono il feudo oltre un secolo e mezzo, anche per conto del Regno degli Asburgo (dopo il 1807, abolito il feudalesimo, rimasero pacifici possessori dei beni burgensatici in Rocca di Mezzo) (Arpea 1964, 104; Cifani 1982, 98). Altri link per approfondire: http://www.mondimedievali.net/Castelli/Abruzzo/laquila/provincia000.htm,

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lucoli, articolo liberamente tratto dal volume "Ricostruzione dei territori" scritto da un gruppo di ricerca della Sapienza edito da Alinea Editore - Firenze (preso dal sito http://noixlucoli.blogspot.it/2013/04/alcuni-cenni-di-storia-del-territorio.html)

Foto: la prima è una composizione fotografica di Roberto Soldati su http://noixlucoli.blogspot.it/2013/04/alcuni-cenni-di-storia-del-territorio.html, la seconda è di Roberto Soldati su http://www.panoramio.com/photo/80291033

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