mercoledì 27 gennaio 2016

Il castello di mercoledì 27 gennaio






TERNENGO (BI) - Castello Avogadro

Eretto per difesa, il Castello di Ternengo sorge tuttavia in una posizione defilata e strategica e risulta non essere stato teatro d’eventi bellici. Costruito come rocchetta, fu utilizzato per lo più,
secondo la definizione dei Conti, come “residenza castellata” ed é di una tipologia rara da trovare in questa zona. La scarsa documentazione disponibile parla di castello, ma non divulga notizie sulla fondazione. L’edificio fu nominato solamente nei documenti d’investitura che si susseguirono dalla fine del Quattrocento fino all’abolizione dei privilegi feudali. Nel documento datato 12 Ottobre 1562, che conferma il diritto di primogenitura in favore dei primogeniti maschi di Casa Gromo, si
dice, infatti, che Giorgio Gromo di Ternengo “spontaneamente e di sua certa scienza et animo deliberato per Vittorio, suo figliolo maschio primogenito legittimo e naturale, e successivamente altri primogeniti maschi discendenti, informa a pieno et certificato d’un elettione e continuatione di primogenitura del Castello, luogo et beni di Ternengo”. L’ipotesi dello storico Torrione che il castello avesse origini remote in quanto “sorto attorno ad una vetusta torre fatta erigere dai Signori del luogo, i Casalvolone, intorno al X secolo”, non ha finora trovato conferme nei documenti d’archivio. Sempre secondo Torrione, sarebbe da attribuire agli Avogadro, nel XIII secolo, la costruzione di una casaforte intorno alla torre e, successivamente, un castello munito di torri. Secondo Giuseppe Maffei, il maschio e la torre furono aggiunti nel 1400, alla parte orientale, molto più antica. Le prime notizie scritte sul castello si hanno a partire dal 1498. Il primo documento è un’investitura del Duca di Savoia Filiberto II ai fratelli Bartolomeo, Bernardino e Giacomo, che ottennero di esercitare i loro diritti “super castro, loco, hominibus iurisdicionibus et finibus dicti loci Ternengi”. Da quest’anno in poi, in tutti gli atti pubblici e privati e fino all’abolizione dei privilegi feudali, i Signori del luogo saranno sempre ricordati come “Signori del Castello e del luogo di Ternengo”. D’altra parte, i caratteri architettonici e stilistici delle parti più antiche dell’attuale castello sono chiaramente quattrocenteschi e Torrione, in considerazione di ciò, sostiene che il castello pareva “atto più agli ozi villerecci che non alla vita militare” e che sia la rocchetta che la torre cilindrica erano più di vedetta che di difesa. Nel XVIII secolo si deve a Pietro Gromo la trasformazione della costruzione dei moduli che vediamo ancora oggi nella casaforte. Dopo la restaurazione della monarchia Sabauda, il castello rimase ai Gromo per alcuni decenni, durante i quali, insieme alle terre, fu dato in affitto agli agricoltori del luogo fino al 1859, anno in cui fu venduto all’Ing. Carlo Moglia per la somma di 4.500 lire. L’utilizzo agricolo ne accentuò la decadenza poiché subì degli adattamenti che modificarono l’aspetto originario, ulteriormente alterato nei primi anni del Novecento. Secondo il Torrione, durante gli ultimi restauri, andò distrutto un affresco di Bernardino Lanino, del 1540, raffigurante un Cavaliere della Famiglia Gromo "genuflesso in atto di rimettere la spada ad un giovane paggio biondo, vestito d’azzurro e bianco, per mettersi, privo delle armi, in adorazione ed invocare Iddio”. Sugli angoli di una delle torri si vedono ancora gli stemmi dipinti dei Savoia. Per entrare dalla porta corazzata si passava attraverso un elegante peristilio risalente al 1500, sostenuto da colonnette doriche di pietra verdastra. Sopra lo sfondo arcuato della porta vi era l’affresco del Lanino. Il Maffei ne descrive l’interno: “Da questa porta si saliva una scala fatta con embrici rosa da cui si entrava in un vasto salone al primo piano, che occupava tutta la perimetria quadrilunga del maschio. Un camino al centro e guarderobe del XVII° secolo ne riempivano gli angoli e negli intervalli del muro v’erano ancora gli uncini ai quali s’appendevano armature, spade e aste, i chiodi ed i canti delle quali lasciavano l’impronta sull’intonaco…”. Nella rocca di Ternengo si radunavano, per esercitarsi nel maneggio delle armi, tutti gli uomini validi di Bioglio, Ronco, Pettinengo e Zumaglia sin dal 1300, perché erano tutti concordi nel difendersi dalle scorrerie che facevano le famigerate soldataglie dei Fieschi, Signori di Masserano. Le uniche avventure militari che poté vantare d’aver avuto il castello, oltre agli attacchi dei Fieschi, furono quelle degli Spagnoli, che già assediavano il Castello di Zumaglia, e quelle dei Francesi del Maresciallo Brissac. Tutto il complesso doveva essere circondato da un fossato, ancora ricordato nel 1701. Un acquerello della collezione Torrione mostra il castello visto da Est: si possono notare la rocchetta, ancora senza il balcone (poi costruito durante il restauro), al suo fianco la svettante torre originaria con monofore fino al quinto piano e terminata dopo una
fascia di mattoni a dente di sega da una cella con una bifora per lato. Vi è raffigurato anche il peristilio. Gli edifici restanti, più bassi, erano forse adibiti ad usi rurali ed abitativi. In una litografia, Enrico Gonin raffigurò il castello, ma l’immagine che ne abbiamo è contraddittoria: in alcuni punti coincide con l’acquerello del Torrione (sono presenti la torre, la rocchetta, il peristilio, l’ingresso laterale attraverso un portone di pietra) ma, a destra, si trova un fabbricato, poco più basso della rocchetta, a due piani e con finestre rettangolari incorniciate da archi acuti, che non è presente in nessun’altra raffigurazione. Una stampa pubblicata nel 1891 da Strafforello è particolarmente
chiarificatrice per capire l’andamento dei lavori, in quanto raffigura un passaggio dal vecchio impianto all’attuale. Ripreso da Ovest, si vede il balcone nella torretta, ma è ancora presente la torre, erroneamente da molti considerata cilindrica. Si vede solo uno dei fabbricati bassi dopo la torre e presenta già alterazioni nelle aperture. E’ già scomparso il peristilio ricordato dal Maffei. E’
edificato su pianta quadrilatera irregolare con corpi disposti attorno ad un cortile. Sul lato della facciata posto a Sud-Est vi sono due torri, una a pianta quadrata e l’altra circolare. Gli altri tre lati sono occupati dalla massiccia costruzione della rocchetta. Le restanti parti fungono da collegamento tra le due torri e, fra queste, la rocchetta che, giunta pressoché inalterata fino ai giorni nostri, si eleva per quattro piani fuori terra ed è coronata da caditoie dal lungo beccatello. Alcune delle sue aperture sono monofore strombate; altre, molto più recenti, sono di forma rettangolare. La rocchetta è stata trasformata solo nel tetto che è stato lievemente ribassato, secondo il tipo dei “manoirs” francesi, vale a dire con il tetto molto ripido coperto di tegole squamate di colore ardesia che fa del castello l’unico esempio, nel Biellese, di questo tipo di costruzione. I corpi di collegamento tra le torri sono costruiti da tre piani fuori terra ed interrotti da aperture a monofora, bifora e rettangolari. Nella sommità corrono in aggetto una serie d’archetti in stile gotico, sormontati da merli guelfi. Il tessuto murario si presenta ad intonaco a finta pietra o liscio, mentre alcune parti presentano una muratura di mattoni a vista. Le due torri, oggi visibili, furono edificate durante alcuni discutibili restauri effettuati all’inizio del Novecento, quando fu abbattuta la più antica torre cilindrica. La torre quadrata ha quattro piani fuori terra sormontati da un’altana che ha, alla base, una decorazione d’archetti gotici in aggetto. Anche la torre cilindrica consta di quattro piani fuori terra, con aperture circolari nella cortina all’ultimo piano; sopra queste vi sono delle caditoie dal lungo beccatello che sostengono una struttura circolare che è il supporto dell’altana merlata con merli guelfi. Partendo dal già citato Ing. Carlo Moglia, che acquistò il castello nel 1859, altri proprietari si susseguirono nel corso degli anni. Il figlio unico dell’Ing. Moglia, Ferdinando, poco incline a curarsi dell’edificio e di salute cagionevole, finì col venderlo al Conte Partini, costruttore edile di Roma, in cambio di un vitalizio ed una residenza in Frazione Villa. Un altro proprietario, dopo Partini, fu il Giudice Vizzini il quale iniziò incautamente i lavori di manutenzione ma, pare che, ben presto il castello fu spogliato sia degli arredi interni sia delle essenze erbacee che ornavano l’ampio parco circostante. Nel 1980 il castello fu acquistato dall’Architetto Fiorentino Mauri, primo ed unico tra tutti i proprietari, a redigere una serie di cartografie riguardanti piante, facciate, interni e planimetrie. In questo modo, il Sig. Mauri appronta un progetto di “restauro conservativo”, vale a dire il risanamento dell’edificio, lasciando in vista la lettura dell’età del manufatto. Con tale progetto, la Sovrintendenza alle Belle Arti ha rilasciato all’attuale proprietario il “nulla osta perenne”. Tra le numerose opere di risanamento va citata la copertura del torrione, con laterizio a “scandola” (un genere di copertura che troviamo soltanto in Alta Savoia ed in Germania), riportandola a com’era originariamente. Sono stati risanati i merli e la scala della torre cilindrica che erano stati demoliti da un fulmine. Sul lato Ovest, durante le opere di restauro, è stata evidenziata l’antica apertura del ponte levatoio. Internamente sono stati ripresi tutti i preziosi affreschi con la tecnica dello “spolvero”: il disegno originale viene recuperato prima su un foglio di plastica e dopo su un foglio da lucido che viene bucherellato, applicato su soffitto e pareti e, tamponando con ossidi sui buchi, si lascia, sotto il foglio, la traccia del disegno che, in seguito, viene recuperato nella sua integrità. Sono stati, inoltre, ritrovati alcuni spezzoni di cassettoni di legno decorati risalenti al 1600. Al momento sono in progetto ulteriori lavori di ristrutturazione, tra i quali il recupero dei pozzi (uno all’interno e l’altro all’esterno), rimasti inutilizzati per moltissimo tempo. Ora è finalmente possibile ammirare il castello in tutta la sua grazia: al centro di un ampio parco verde circoscritto da un fitto bosco di castagni, adatto ad ospitare feste, matrimoni ed unico punto
strategico, nel paese, per l’atterraggio dell’elisoccorso. All’interno troviamo un ampio salone affrescato e corredato di pertinenze che lo rendono adatto ad accogliere meeting e convention. Una caratteristica è rimasta immutata nel tempo ed è l’atmosfera di pace e serenità che si percepisce all’interno del castello, come se quei muri fossero custodi fedeli di una storia vissuta da esistenze, votate come citano i quattro motti iscritti nella volta delle scale, ad “Opus,opes,studium,parcitas”, e …… che tuttora ivi dimorano.  

Fonti: http://www.castelloditernengo.com/utilities/storia_it.htm (sito ufficiale), testo di Lorella Cav. Torelli su http://www.biellaclub.it/_cultura/libri/ternengo/libro-ternengo.pdf

Foto: la prima è presa da http://www.comune.ternengo.bi.it/Portals/351/Images/Castello.jpg, la seconda da http://www.castelloditernengo.com/images/ter_3.jpg

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