lunedì 10 agosto 2015

Il castello di lunedì 10 agosto






CASTRO DEI VOLSCI (FR) – Rocca Colonna di San Pietro

Il territorio di Castro fu abitato sin dall’antichità, come dimostra l’insediamento di Montenero, oggi abbandonato ma risalente ad epoche remote, che appare circondato da un’ampia cerchia muraria composta da blocchi di pietra molto grandi e sovrapposti con la ben nota tecnica diffusa anticamente nella zona ciociara, ovvero collocati di taglio senza l’uso di malta. La presenza di questa cinta ha fatto nascere la leggenda, tramandata di generazione in generazione, della presenza di una popolazione di giganti. In realtà si tratta di un insediamento eretto dai Volsci (si è anche ipotizzato, senza alcun fondamento, l’identità con l’antico centro volsco di Castriminium), consolidatosi con la distruzione delle città romane dell’area: Fregellae e Fabrateria. In epoca romana furono edificate lungo l’antica strada alcune ville rustiche: in particolare a Casale è stato portato alla luce un vasto complesso edilizio. Una delle ville fa parte di un grande impianto termale, nelle vicinanze di una sorgente di acqua sulfurea. E stata scoperta anche la necropoli di una popolazione germanica, fatto questo singolare che può fornire informazioni su un periodo quasi del tutto sconosciuto della storia laziale. Dopo l’anno Mille, la posizione strategica di Castro fece sì che il villaggio diventasse proprietà dello stato pontificio. Nel 1151 papa Eugenio III consacrò la rurale Chiesa di Santa Croce e lo stesso anno donò al monastero cistercense di Casamari vasti possedimenti e due chiese nel territorio di Castro. La Chiesa gestì il feudo di Castro con molto rigore, e nei momenti critici, durante le lotte con gli svevi e lo stato siciliano, nominò rappresentanti della curia papale, a capo della guarnigione castrese. Per questo troviamo diversi anagnini tra i balivi e ciò determinò stretti rapporti fra Anagni e Castro, resi ancora più saldi dalla comune venerazione per Santa Oliva, divenuta patrona di entrambi i villaggi. Nel 1165 Castro fu conquistato dalle truppe di Federico Barbarossa, guidate dall’arcivescovo Cristiano di Magonza, mentre i rapporti con i vicini signori di Ceccano non furono mai ostili. Il governo pontificio, a partire dal Duecento, spesso designò rettori e vicari al governo di città e paesi con l’evidente intenzione di legare a sé potenti famiglie. La costituzione del feudo di Castro ebbe origine dalle burrascose vicende che accompagnarono lo scisma d'Occidente (1378-1417). Secondo il parere unanime degli storici, la prima investitura sarebbe stata opera di Alessandro V, papa conciliare osteggiato da Ladislao di Napoli. Mentre i Colonnesi di Palestrina aderirono a Ladislao re di Napoli, il pontefice Alessandro V (1409-1410) procurò di avere a sè devoti i Colonna di Genazzano quindi appena eletto, nel 1409, concesse a Giordano e Lorenzo i castelli di Castro e Ripi nella provincia di Campagna. Questa concessione simultanea di Castro e Ripi fu certamente il riconoscimento di uno stato di fatto, o la conferma di concessioni più vecchie, infatti Ripi era già terra colonnese nel 1408, quando Ladislao di Napoli esentò dalle imposte gli abitanti del castello come vassalli del suo fedele cavaliere Giordano Colonna. Occorre ricordare che il sovrano napoletano attraverso un'accorta politica di appoggio ai papi romani ottenne, fin dal 1404, il governo della provincia di Campagna e, almeno dal 1406, la facoltà di nominarvi rettori e vicari. Tenendo conto che, in quegli anni, Giordano Colonna fu uno dei più attivi sostenitori di Ladislao, appare verosimile che la originaria concessione di Castro e Ripi risalga proprio al periodo della dominazione napoletana in Campagna. É naturale che poi Alessandro V, nell'indurre i Colonna di Genazzano ad abbandonare il sovrano di Napoli, offrì loro, in contropartita, il riconoscimento del possesso di questi castelli. Questa conferma di Alessandro V venne formalizzata solo nel 1410, dal successore Giovanni XXIII. Nei documenti Castro e Ripi furono assegnati in vicariato ai fratelli Giordano e Lorenzo Colonna usque ad tertiam generationem, sub annuo censu vigintiquinque librarum cerae in lesto omnium Sanctorum 31. Questo vicariato-signoria assicurò ai Colonna una posizione sovrana, analoga a quella dei precedenti castellani papali. Secondo fonti di epoche diverse, ai Colonna competevano: l'amministrazione della giustizia criminale e civile, la baleca, il plateatico, la fida dei bestiami forestieri sui terreni pubblici, nonché le privative dei molini, dei frantoi, dei forni, del macello, della pizzicheria e dell'osteria. Si tratta di tipici diritti baronali, che configuravano una situazione assai simile a quella dei territori vicini. Ancora nel secolo XVIII, alla signoria di Castro è legato il possesso della Rocca delle torri della cinta muraria, di vari fabbricati siti nel castello, di una mola sul Sacco e di un complesso terriero che supera i 1.100 ettari, cioè un quinto del territorio castrese. Per contro, la comunità condivideva, con i signori, i diritti sui pascoli e possiede boschi che, nel Seicento, sono stimati in 732 ettari. Occorre fare qualche osservazione circa le più antiche successioni nella signoria di Castro. Dei primi due investiti, solamente Lorenzo ebbe figli: Antonio e Odoardo, dai quali proseguì la stirpe, e Prospero, cardinale. Nel 1427 Martino V divise il patrimonio colonnese e assegnò Castro al nipote Antonio, ma costui non ne entrò in possesso perché il castello spettava in pegno dotale alla madre Sveva Gaetani. Poi come dimostra un rescritto di Alfonso l d'Aragona, del 1449, l'universitas Castri passò sotto il dominio del cardinale Prospero, forse in compenso degli aiuti prestati ad Antonio per far fronte alle vessazioni anticolonnese di Eugenio IV (1431 -1447). Nel 1481, ormai scomparsi il cardinale (1463) e i suoi fratelli, il castello risultava del signor duca Columna et fratelli, cioè di Fabrizio, figlio di Odoardo e duca dei Marsi, e dei suoi fratelli. Questa situazione di condominio ebbe breve durata, perchè poi, nel corso del secolo XVI, le fonti indicano quali esclusivi signori di Castro i discendenti di Fabrizio: prima il figlio Ascanio (1557) e poi il nipote Marcantonio (1535-1584), il celebre ammiraglio pontificio della battaglia di Lepanto. Dal momento dell'attribuzione di Castro ai Colonnesi del ramo di Genazzano, le vicende del castello furono strettamente legate alle alterne fortune di questa famiglia. Martino V favorì l'esaltazione della potenza del casato, cui concesse fra l'altro Pattano, nuovo centro dei domini familiari, e una generale esenzione dai tributi, applicata certamente anche al castello e ai vassalli di Castro. Poi, come noto, cicliche persecuzioni si abbatterono sui Colonnesi ad opera di molti papi. Particolarmente feroci le proscrizioni di Alessandro VI (dal 1501 al 1503), di Paolo III (dal 1541 al 1549) e di Paolo IV (dal 1556 al 1559), durante le quali Castro venne confiscata ai Colonna. Tuttavia queste vicissitudini furono eventi privi di reale incidenza storica e, anzi, la facilità del recupero che puntualmente avvenne alla morte dei papi ostili, palesa la solidità dell'edificio politico colonnese. Al riguardo è significativo ciò che accadde all'indomani della confisca manu militari di Paolo IV: appena scoppiò la guerra fra Spagna e Santa Sede, i Castresi, "per l'affettione che hanno a loro antichi signori", non esitarono a schierarsi con gli Spagnoli del duca d'Alba, che furono condotti dall'esule Marcantonio Colonna (settembre 1556). Dopo il breve allontanamento seguito alla pace di Cave (1557) Marcantonio Colonna recuperò definitivamente tutti i suoi stati (1559), venne pienamente riabilitato da Pio IV (1562) e, con la strepitosa vittoria di Lepanto (1571), guadagnò al suo casato il perpetuo favore dei pontefici. Da allora, fino alla repubblica del 1798, il feudo di Castro, ormai legato alla primogenitura della famiglia, rimase in pacifico godimento dei Colonna, fino alla rinuncia alla giurisdizione baronale (5 settembre 1816). Dagli spalti dell'antica Rocca colonnese, dove la tradizione popolare addita la grotta in cui si rifugiarono la leggendaria regina Camilla e suo padre Metabo, è sempre possibile ammirare uno spettacolo vario e suggestivo. Nelle giornate nebbiose, sembra di trovarsi sulla tolda di una nave pronta a salpare in un mare grigio e tempestoso sul quale affiorano, come isolette baciate dal sole, le cime dei colli sparse nella pianura; quando il cielo è limpido e sereno, par d'essere sul proscenio d'un teatro sconfinato: da Palestrina a Cassino, sui monti lontani, come su ciclopiche gradinate, siedono i paesetti e le cittadine della valle; nelle notti estive, il paesaggio diventa incantevole e si ha l'impressione che l'ampio cielo stellato, piegandosi dolcemente all'orizzonte, si distenda ai vostri piedi come un immenso tappeto. L'abitato, sul pendio meridionale del colle, conserva ancora intatto, con archi, torri e muri di nudo sasso, l'aspetto del borgo medievale, stretto intorno alla fortezza. L'osservatore che curioso s'addentra nell'abitato, ha l'impressione che qui il tempo si sia fermato; vede casette di pietra grigia, addossate l'una all'altra come per sorreggersi a vicenda e riscaldarsi, viuzze strette e tortuose pavimentate di cotto e una piazza cosi' piccola da sembrare un salotto e, dappertutto, un silenzio e una calma che niente minaccia di turbare. L'ingresso principale del Paese è in Porta della Valle, sino al 1960 raggiunta per alcuni gradini da cui si distacca una rampa tesa a raggiungere la Rocca con salite rettilinee e svolte a gomito, ardite e ripide, che sventra gruppi di case, si lascia sormontare da altre porte, da altri archi ogivali, di continuo intersecati da altre rampe più o meno brevi o strette. Man mano che procede, la rampa prende il nome di Via della Porta della Valle, Via dell'Orologio (a sinistra della quale si ammira un solido portale cinquecentesco con bugnatura a cunei e cilindri) e Via Civita. Sullo spiazzo terminale sono i ruderi della Rocca colonnese (sec. XVI) ed il monumento alla Mamma Ciociara, inaugurato il 3 giugno 1964, eretto a perenne testimonianza dell'eroico e mirabile sacrificio che, durante la seconda guerra mondiale, le madri di Castro e dei comuni limitrofi misero in atto dinanzi al turpe scempio, che le famigerate truppe del generale Juin riservarono alle loro figliole.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castro_dei_Volsci, http://www.castrodeivolsci.it/descr_intro.htm, http://www.comune.castrodeivolsci.fr.it/oc/oc_p_elenco_nofoto.php?x=

Foto: di Andrea Selvini su http://www.icastelli.it/castle-1298812783-rocca_di_san_pietro_a_castro_dei_volsci-it.php e da http://www.castrodeivolsci.it/assets/images/Rocca%20alto1-2.gif

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