domenica 22 giugno 2014

Il castello di lunedì 23 giugno






Di Mimmo Ciurlia

SAN SEVERINO MARCHE  (MC) – Castello di Pitino

Sorge a circa 10 Km da San Severino Marche, su di un colle alto 602 metri s.l.m. ed è tra i più imponenti castelli severinati. Fu una florida dimora feudale che la tradizione vuole fondata da Marco Petilio, nobile romano che vi si insediò in fuga dai barbari dalla città di Septempeda. La sua posizione sopra ad un colle rendeva questo castello importantissimo dal punto di vista strategico, consentendogli infatti di dominare l’intera valle del fiume Potenza e dunque la via di comunicazione tra l’Umbria e il mare Adriatico passante per la città romana di Helvia Ricina. Proprio per questo, durante tutto il Medioevo, Pitino fu conteso dai vicini comuni di San Severino, Montecchio (Treia), Camerino, Tolentino e Cingoli. I feudatari signori di Pitino per difendersi si posero prima (nel 1192) sotto la protezione di Treia, poi (nel 1205) sotto quella di Tolentino, che ebbe la giurisdizione del castello fino al 1239. In quell’anno l’imperatore Federico II di Svevia, che si era impadronito di tutta la Marca, lo cedette al comune di San Severino da sempre fedele alla parte ghibellina. La deposizione di Federico II nel concilio di Lione (1245) e la fine della casa di Svevia riaccesero le contese; i guelfi ebbero il sopravvento ovunque. Anche San Severino dovette assoggettarsi al pontefice, ma riuscì a conservare definitivamente il castello, ricostruito agli inizi del XIII secolo nell’impianto che ancora oggi si conserva. Nell’estate del 1426 Pitino subì l’ultimo assedio della sua lunga storia da parte delle truppe pontificie in lotta contro gli Smeducci, che vi tentarono l’estrema difesa della loro signoria. Il complesso tipologicamente si configura come castello murato, che ripropone gli schemi della fortificazione romana, con recinto a salientie rientranti, rafforzato da torri e comandato da una rocca, che a sua volta aveva nella torre maestra l’elemento essenziale di dominio e di difesa. Allo stato attuale il complesso è composto dalla cinta muraria e da due nuclei, uno più antico (torre, chiesetta, cripta) e uno più recente (chiesa maggiore, canonica e locali annessi). Il castello ha un perimetro di 400 metri circa, con una forma vagamente triangolare con il vertice a sud, dove è ubicata l’unica porta d’ingresso ( ma dovevano esserci ingressi anche in altri punti della cinta) e la base a nord, dove domina il grande torrione in pietra
silico-arenaria, alto circa 23 m. e largo 5,75 m. per lato con 1,75m di spessore, risalente all’inizio del XIII secolo, quando il castello fu riedificato. La torre è priva di ingressi in quanto vi si accede dai sotterranei il cui ingresso è nelle adiacenti costruzioni rendendola così ancor più protetta. La cinta muraria, di circa 1,20 metri di spessore, è conservata oggi in minima parte e solo sul lato est presenta tratti di dimensione apprezzabile. Partendo dal grande torrione si può riscontrare il tratto più conservato della cinta, di circa 64 metri di lunghezza e di 6 metri di altezza, con due ruderi di torrione sporgenti due - tre metri dalla muraglia: il maggiore di 6 metri di larghezza e 12 di altezza,il minore di 5 metri di larghezza e 8,50 di altezza. Proseguendo verso sud si nota un vuoto di 46 metri circa dove una fitta boscaglia impedisce la vista delle tracce dell’antico manufatto, quindi un nuovo tratto di circa 75 metri, dal profilo molto frastagliato, dell’altezza variabile da 2 a 6 metri; al centro dei ruderi di un altro torrione della larghezza di 5 metri e dell’altezza di 8. All’estremità sud questo tratto di mura si salda all’antica porta d’ingresso, costituita da un torrione di 5 metri di larghezza, 5 di altezza e 3 di profondità, dalle volte in mattoni. Tutto il versante ovest presenta solo pochi frammenti delle antiche mura e di un bastione; in prossimità del grande torrione il muro di cinta coincide con il corpo di fabbrica dell’antica chiesetta di S. Antonio e annessi, il cui insieme andava a saldarsi al torrione stesso. All’interno della cinta muraria sono presenti, oggi, la chiesa grande e la sua torre campanaria (d’impianto tardo medioevale trasformata nel Settecento e restaurata, nel solo esterno, dalla Soprintendenza), un fabbricato adiacente a due piani già adibito a canonica (in precario stato di conservazione) e un altro edificio, di modesta fattura (ridotto ormai ad un rudere) destinato probabilmente ad abitazione colonica, collegato con un sovrappasso al precedente. Nella parte settentrionale del perimetro ci sono alcune feritoie, che rappresentano tentativi di adeguamento alle armi da fuoco, ma per il resto, l’impianto ha mantenuto la struttura originaria. A poche decine di metri all’esterno delle mura, in un pianoro che guarda il mare, rimane il piccolo cimitero rurale, ormai abbandonato, che purtroppo, in tempi recenti è stato oggetto di numerose profanazioni e di attenzioni da parte di sette sataniche che hanno contribuito a far crescere nella popolazione una fascinosa visione esoterica del luogo. Il percorso per arrivarci è una piacevole passeggiata per le tipiche campagne marchigiane tra campi coltivati e casolari immersi tra le verdi colline con le montagne a fare da sfondo. Pittori e musicisti, ai giorni nostri come nel passato, salgono lassù per trarre ispirazione dal suono del vento tra le rovine e dal volo delle poiane. Forse per questo una leggenda vuole che di notte si sentano le note struggenti di un violino o i ritmi incalzanti di tamburi. La visita del castello di Pitino è, in ogni caso, sempre un'esperienza emozionante.

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