POLINO (TR) – Rocca
sabato 29 giugno 2013
Il castello di sabato 29 giugno
venerdì 28 giugno 2013
Il castello di venerdì 28 giugno
MEZZOCORONA (TN) – Castel Firmian
giovedì 27 giugno 2013
Il castello di giovedì 27 giugno
AVIANO (PN) – Castel d’Aviano
Nell'Alto Medioevo Aviano era composta da pievi e villaggi
in corrispondenza delle attuali frazioni. Attorno all'XI secolo su una collina
che dominava la pianura circostante venne edificato dal Patriarcato di
Aquileia, forse su un sito già fortificato in età romana, un castello che venne
dato a feudatari locali. L'11 Settembre 1161 l'imperatore Federico di
Hoenstaufen (Barbarossa) concesse al Vescovo di Belluno il castello d'Aviano,
quindi la nascita del fortilizio si deve ascrivere a prima di tale anno. Il
maniero nel 1328 fu infeudato a Pietro de Rubeis e quindi, nell'aprile del
1334, a Morando, Odorico e Nanfosio di Porcia contro pagamento d'una forte
somma di denaro. Dal 1337 il castello, passato ai Savorgnan, venne coivolto
nelle guerre che opposero i da Camino al patriarcato. L'11 Settembre 1387,
durante la guerra scoppiata in séguito alla nomina del patriarca commendatario
Filippo d'Alencon, il fortilizio fu conquistato dai Carraresi signori di Padova
e alleati di Filippo. Un ulteriore evento bellico si verificò nell'anno 1411
quando Pippo Spano, capitano generale di re Sigismondo, con 14 mila cavalieri
ungheresi occupò il castello. Distrutto nel 1420 dalle milizie venete, fu
successivamente ricostruito nel 1432 per merito della Serenissima e poi
nuovamente devastato durante le incursioni turche nel 1477 e nel 1499, in cui
gran parte della popolazione di Aviano e dei paesi limitrofi fu uccisa o fatta
prigioniera. Oggi del castello rimangono due torri (delle sette merlate originarie),
resti del mastio e parte della cinta muraria entro la quale si trovano la
chiesa di Santa Maria e Giuliana ed alcune abitazioni (un tempo il maniero era
munito di una doppia cerchia). Degna di nota è la porta fortificata
goticheggiante inalberante il lupo araldico.
mercoledì 26 giugno 2013
Il castello di mercoledì 26 giugno
CASALGRANDE (RE) – Castello
Una targa marmorea staccatasi dalla torre nel 1704, che reca
incise queste parole: “Liutprando rege felicissimo”, ha fatto avanzare
l’ipotesi che la rocca fosse stata fondata dal re longobardo Liutprando nella prima
metà del VII secolo. Una relazione sui castelli del territorio scandianese
conservata nell’Archivio Estense di Modena, forse stesa dal Governatore di
Sassuolo Paolo Brusantini, così lo descrive: “Il terzo Castello di Casalgrande
ove si trova una Rocca antica sita molto opportunamente per tirare innanzi una
deliziosa abitazione per avere luogo capace di questo, di bellissima vista et
buonissima aria, …”. Per la data di costruzione si può fare riferimento a
quanto riporta il Pagliani nella sua Storia di Aceto e ville limitrofe, nella
quale afferma: “convien dire che siccome questo castello è ricordato in
documenti del 1335, 1339, 1341, 1373, sorgesse un secolo e più dopo il mille”. Il
castello vide come primi padroni, se non anche fabbricatori, i Guidelli mentre
dal 1335 gravitò nell’orbita della potente famiglia Fogliani che, nonostante i
dissidi interni, mantenne il dominio di Casalgrande fino al 1409. In quell’anno
Nicolò III d’Este, intenzionato a punire l’alleanza di Carlo Fogliani con il
proprio avversario Otto Terzi, espugnò e conquistò la fortezza di Casalgrande. Questa,
insieme a Dinazzano, Salvaterra e Montebabbio, venne donata quattro anni dopo
dal Marchese d’Este ad Alberto della Sala, nobile ferrarese. Nel 1444 gli
Estensi si riappropriarono di Casalgrande e, nel 1452, lo cedettero in feudo a
Feltrino Boiardo, signore di Scandiano. Le rivalità tra gli Este e Ottavio
Farnese nel corso del XVI secolo ebbero ripercussioni negative sulla sorte di
Casalgrande. Il castello venne infatti assediato nel 1557 dalle truppe spagnole
capeggiate dal Farnese che, favorito da un casuale incendio scoppiato tra le
munizioni interne, riuscì ad espugnare ed incendiare l’ormai indifesa
fortificazione. Nonostante la violenza dell’attacco, memorabile fu la tenace
resistenza opposta dai castellani, che riuscirono a resistere per giorni agli
assalti nemici. Dopo questo grave avvenimento, il committente della nuova
fortificazione, rispettosa dei canoni costruttivi precedenti, fu il Conte
Ottavio Thiene, la cui famiglia tenne il castello fino al 1622. Negli anni
seguenti si avvicendarono a Casalgrande le signorie dei Marchesi Enzo e Corrado
Bentivoglio, fino al 1643, degli Estensi, del Marchese Giambattista de Mari,
che governò dal 1750 al 1777. Alla sua morte il feudo di Casalgrande ritornò
alla Camera Ducale. Acquistato, nel 1782, da Giovanni Grulli venne da questi
ceduto a Taddeo Croci per la metà del prezzo pagato. Gli ultimi proprietari
delle costruzioni appartenenti al castello ed al borgo di Casalgrande sono i
membri della famiglia Grimaldi, mentre il Comune possiede la porta a Levante ed
il Torrione del Pretorio. Ciò che resta del castello di Casalgrande Alto è una
corte rurale quattrocentesca, di forma ellittica, organizzata intorno alla
residenza fortificata e munita di due torri quadrate con piombatoi (collegate
da un corpo centrale), nonchè il torrione di ingresso, con resti di merlature e
portale provvisto di fenditure per il ponte levatoio. Il torrione era
anticamente dotato di campana, ora posta sulla torre della chiesa parrocchiale,
che aveva il compito di avvisare gli abitanti del “castrum” dei pericoli
imminenti. Da esso si accede all'ampio cortile con il pozzo. All’esterno, lungo
l’antico sentiero di accesso al borgo sottostante, si trova l’Oratorio di San
Sebastiano, innalzato nel 1479 ed ora adibito a fienile. La costruzione
presenta un semplice impianto con fronte a capanna e copertura a due falde
impostate su una cornice di gronda in laterizio a dente di sega. L’interno, a
travature lignee a vista, conserva un’interessante ancona con putti. Tradizione vuole che in una villa non molto
distante dal maniero, la cosiddetta “casa del conte”, Matteo Maria Bojardo
abbia dato vita a parte del suo Orlando Innamorato. Nel 2003 il castello è
stato oggetto di un importante restauro curato dagli architetti Walter Baricchi
e Paolo Soragni destinandolo a spazi per pubbliche istituzioni e iniziative.
lunedì 24 giugno 2013
Il castello di martedì 25 giugno
BELVEDERE MARITTIMO (CS) – Castello Angioino-Aragonese
Il castello di lunedì 24 giugno
OCRE
(AQ) – Castello
http://www.academia.edu/650902/il_caso_emblematico_del_castello_di_Ocre_fra_tecniche_di_difesa_normanno-sveve_e_innovazioni_angioine
Vi suggerisco inoltre questo video che ho trovto su youtube, posteriore al terremoto del 2009
http://www.youtube.com/watch?v=XAGvoFfqc9Y
sabato 22 giugno 2013
Il castello di domenica 23 giugno
GIOIA DEL COLLE (BA) - Castello Normanno-Svevo
(di Mimmo Ciurlia)
Il Castello Normanno-Svevo di Gioia del Colle, il meglio conservato
dei castelli di Puglia, si eleva al centro dell'insellatura che divide
le Murge orientali da quelle occidentali, a difesa e controllo del
territorio e delle direttrici di comunicazione tra l'Adriatico (Bari) e
lo Jonio (Taranto) ed è il risultato di almeno tre interventi
costruttivi: uno risalente al periodo bizantino, un altro a quello
normanno e l'ultimo a quello svevo. Fu edificato intorno al 1100 dal normanno Riccardo Siniscalco, fratello del più noto Roberto il Guiscardo su
un primo nucleo costruito dai bizantini verso la fine del IX sec.,
costituito da un recinto fortificato in conci lapidei e concepito come castello
rifugio, cioè un luogo in cui la popolazione locale trovava riparo
contro le scorrerie nemiche. Successivamente la
fortificazione fu modificata da Ruggero II e poi dall'imperatore
Federico II di Svevia intorno al 1230, al suo ritorno dalla Crociata in
Terra Santa, epoca in cui si presenta con un cortile quadrangolare,
saloni e stanze che si affacciano su di esso, ed è delimitato da quattro
torri angolari, rivolte ai quattro punti cardinali. Delle quattro
torri angolari originarie, di cui si parla nell'apprezzo della Terra di
Gioia, sia dell'architetto e tabulario Honofrio Tangho del 1640 che di
Gennaro Pinto del 1653, oggi possiamo ammirarne solo due: quella De'
Rossi e quella dell'Imperatrice. Le cortine e le torri presentano
all'esterno bugne a bauletto. La cinta muraria è caratterizzata da un
paramento fortemente bugnato sulla quale si aprono numerose monofore,
oculi e feritoie, disposti in maniera disordinata, confermando le
diverse fasi costruttive. Con tale struttura il castello di Gioia si
inseriva in quel sistema di fortificazioni che, partendo da
Lucera e giungendo fino ad Enna, rispondeva al disegno di Federico II, ossia il controllo e la difesa militare delle terre più
importanti del suo regno in Italia Meridionale. La leggenda vuole che
nel castello di Gioia nacque Manfredi, da Federico II e Bianca Lancia,
che il sovrano fece uccidere perché rea di tradimento.Il castello fu
proprietà dei Principi di Taranto fino al 400, dei Conti di Conversano
fino al 600 e dei Principi di Acquaviva fino agli inizi dell' 800. Nel
'600 venne trasformato da costruzione militare in dimora residenziale
ed adattato alle nuove esigenze abitative, con apertura di monofore,
bifore e trifore sia nel cortile interno che sulle cortine esterne,
mantenendo intatto il suo impianto strutturale. Nel 1884 fu acquistato
dal canonico Daniele Eramo e, in seguito a numerose trasformazioni, fu
adibito come sede di abitazioni e di depositi. Il castello possiede
due ingressi: uno principale a ponente, l'altro al centro del lato sud,
entrambi caratterizzati da una corona di elementi bugnati a raggiera. Varcato
il portone d'ingresso con
il suo
arco ogivale si accede ad un vasto cortile dalla forma trapezoidale dove
si aprono eleganti monofore, bifore e trifore. Di grande prestigio è la
scalinata che porta agli ambienti del piano superiore, che presenta dei
bassorilievi rappresentanti animali e scene di caccia. Al centro del
cortile c'è una capiente cisterna per la raccolta di acqua. Dal
cortile si accede ai locali a piano terra, un tempo adibiti a depositi,
scuderie e dimora dei domestici ed oggi utilizzati come sede del Museo
Archeologico Nazionale. Da un ingresso posto sul lato sud del
cortile si accede alla sala del forno, così chiamata per la presenza di
un grande forno, sulla cui struttura è poggiata una delle torri
superstiti, quella detta dell'Imperatrice. Sotto il forno c'è un
piccolo sotterraneo, utilizzato un tempo come prigione. Sulla parete est
della prigione sono scolpite due protuberanze a forma di seni. La
leggenda vuole siano
i seni
che ricordano il martirio di Bianca Lancia. La leggenda narra che qui
sia stata rinchiusa, per sospetto adulterio lei, l'amante prediletta di
Federico. Durante la prigionia, dette alla luce
Manfredi colui che, pur se figlio illegittimo, fu il prediletto
dell'imperatore e divenne il suo successore come sovrano dell'Italia
meridionale, divenendo l'ultimo re svevo del Mezzogiorno. Ma la
sensibile principessa non poté resistere all'umiliazione dell'accusa e
vinta dal dolore, dopo il parto, si recise i seni e li inviò
all'imperatore su di un vassoio assieme al neonato, indi si lasciò
morire. Al termine della scalinata del cortile si accede alla sala
del trono, così chiamata perchè in fondo alla parete sud è appoggiato
un trono in pietra, ricostruzione del Pantaleo. L'arco posto verso la
parte terminale della sala, aveva il compito di creare una divisione
tra la zona "riservata", quella
del
trono, dall'ambiente destinato alle udienze, ai sudditi, come è
dimostrato anche dalla presenza di sedili in pietra presenti in
quest'ultimo ambiente. Nella sala sono presenti anche un camino e un'apertura che conduce in cima alla torre De' Rossi. Dalla
sala del trono si accede alla sala del caminetto, così chiamata per la
presenza di un camino di dimensioni più ridotte rispetto a quello della
sala precedente e di minor pregio dal punto di vista architettonico. Questa
sala, di dimensioni ridotte rispetto alla sala del trono, presenta delle
aperture anche sulla cortina esterna e, a differenza della prima, prende luce quasi esclusivamente dalle bifore e trifore che si
affacciano sul cortile interno. Era sicuramente utilizzata dalla regina e dalle cortigiane, che trascorrevano in quell'ambiente gran parte della giornata. Da questa sala si accede, attraverso una scala interna a quella che era utilizzata probabilmente come
stanza da letto dei sovrani. Attraverso questa sala si accede
all'altra torre che è rimasta in piedi, quella detta dell'Imperatrice,
meno alta della torre De' Rossi, che si trova sulla proiezione verticale
della prigione e del forno. Agli inizi del 900 il castello fu acquistato dal
marchese di Noci, Orazio De Luca Resta,che successivamente ne propose la
donazione al Comune di Gioia del Colle. Sempre agli inizi del 900 subì un pesante restauro che interessò particolarmente la scalinata, le trifore e il trono. Nel 1955 il Ministero della P. I. acquistò il castello, assai malridotto, e lo dichiarò Monumento Nazionale. Alla
fine degli anni '60 furono ripulite le pareti esterne ed interne,
contribuendo a rendere vivibile il maniero, sia come monumento da
visitare sia come luogo fruibile per attività culturali e sociali a
favore della cittadinanza.
venerdì 21 giugno 2013
Il castello di sabato 22 giugno
MIGLIONICO (MT) – Castello Pirro del Balzo e Torre di Fino
(fonte: sito http://www.miglionicoweb.it/torchia.htm)
Torre di Fino è chiamata così, perché qui aveva termine il paese. Era una torre di guardia dalla quale si vedevano le torri del castello medioevale e quelle del castello di Santa Sofia. Nello spazio adiacente la torre, dopo la seconda guerra mondiale, furono abbattute le vecchie mura di cinta per far posto ad un prefabbricato adibito a scuola elementare. L’alluvione del 19 settembre 1976 provocò una frana che interessò l’area della torre e svelò l’esistenza di una necropoli con arredi vascolari, oggetti di bronzo, ornamenti militari, muliebri e infantili del VI secolo a.C. che si trovano, attualmente, nel Museo "Ridola" di Matera.
giovedì 20 giugno 2013
Il castello di venerdì 21 giugno
CHIAVARI (GE) – Castello
E’ un edificio difensivo sito in salita al Castello a
Chiavari, nel Tigullio in provincia di Genova. Era il 1147 quando i Consoli di
Genova Enrico Malocello, Oberto Spinola, Lanfranco Pevere decretavano la
costruzione del castello: il Castrum Clavari, opera terminata nel 1167. Con il
completamento della cinta muraria si giunse al Lodo del 19 ottobre 1178, il
documento indicava le modalità per edificare il territorio compreso tra il
castrum e il mare, nacque così il burgus clavari. Col titolo di castrum, Chiavari non ottenne solamente la realizzazione della
fortificazione, ma vide anche la realizzazione di un'area giurisdizionale e
d'influenza, i residenti acquistarono uno status che li pose sotto l'autorità
di governo genovese. Questi eventi determineranno nuovi assetti del territorio
e dei domini: la giurisdizione del distritus, che fino a quel momento era posta
sul confine di San Pietro di Rovereto, si portò più a Levante. Le grandi
famiglie feudali, in particolare Fieschi e Malaspina, scesero a patti e rinunce
col comune di Genova. Nel 1172 il castello subì il suo primo assedio da parte
di Opizzino Spinola, mentre nel 1278 si registrò la sua caduta – seppure per
soli otto giorni - nelle mani di Moruello Malaspina e Alberto Fieschi, alleati
nella conquista del maniero. Nella prima metà del XIV secolo dovette essere più
volte ricostruito a causa delle violente lotte tra le fazioni guelfe e ghibelline;
in questo secolo il borgo fu ulteriormente fortificato grazie alla presenza di
una possente cinta muraria accessibile mediante sette porte e difese da ben
quattordici torrette di avvistamento. Ancora oggi sono ben visibili i resti
delle antiche mura costituenti l'antica "Cittadella di Chiavari" del
Medioevo. La fine del castello fu decisa direttamente dalla Repubblica di
Genova, la quale avviò un notevole potenziamento e ampliamento della cittadella
medievale adiacente il mare, scoraggiando così eventuali attacchi via mare da
parte dei pirati barbareschi. La costruzione fu decisa dal maresciallo di
Francia Jean Le Meingre - detto Boucicault - luogotenente e governatore della
repubblica genovese per l'imperatore Carlo IV di Francia, nel 1404 e il progetto
fu affidato al chiavarese Martino della Torre. Il castello, non più usato a
scopo difensivo, fu lentamente abbandonato a se stesso e demolito nelle sue
parti a partire dal 1575 e ad oggi conserva intatto il torrione a monte e sul
lato opposto una piazza d'armi fortificata; della cinta muraria eretta fino
alla cittadella rimangono solo alcune tracce lungo il percorso. Sono invece
ancora ben visibili le due cisterne d'acqua di fronte al torrione utili per
garantire la sopravvivenza in caso di assedi. Dal 1993 l’edificio è di
proprietà privata, non visitabile internamente. Tra il 2007 e il 2008 il
castello è stato sottoposto ad una verifica alla struttura per presunte oscillazioni
del terreno causate, tra i vari fattori di rischio, anche da un vicino
sbancamento per la costruzione di un'unità abitativa. I rilievi, richiesti dal
proprietario del castello e quindi effettuati dal Comune di Chiavari e dalla
Soprintendenza per i Beni architettonici e per il Paesaggio della Liguria,
hanno evidenziato una millimetrica oscillazione dall'ottobre 2007 al giugno
2008 di un millimetro al mese verso valle per un totale complessivo di nove
millimetri. Dopo un periodo di assestamento nell'estate del 2008, gli appositi
vetrini sistemati nelle fessure delle piastrelle hanno cominciato ad
evidenziare una nuova oscillazione, sempre al ritmo di un millimetro al mese,
questa volta in senso contrario verso monte. Il castello è stato posto sotto
monitoraggio con una registrazione dei dati aggiornati automaticamente ogni sei
ore al Dipartimento di Ingegneria delle Costruzioni, dell'Ambiente e del
Territorio della facoltà di Ingegneria dell'Università di Genova. La notizia
sul curioso "dondolio del castello" è stata riportata con evidenza
dal quotidiano ligure Il Secolo XIX. Per approfondire vi segnalo il seguente
link: http://castellodichiavari.ilsasso.it/
mercoledì 19 giugno 2013
Il castello di giovedì 20 giugno
CASALFIUMANESE (BO) – Torre Pedriaga in frazione Ca’ Pedriaghe
A levante di Pieve di Sant'Andrea, risalendo la strada che
da Ponticelli fiancheggia il rio omonimo, si trova la località Ca' Pedriaghe,
anticamente denominata 'Valpithriaga' (valle a calanchi) già menzionata negli
atti notarili del XII e XIII secolo. Il territorio in cui si colloca la Torre
di Pedriaga è sempre stato, sin dal Medioevo, zona di confine tra i
possedimenti di Bologna, di Ravenna e di Firenze. In tale fascia preappenninica
imolese, solcata dalle valli del Sillaro, del Santerno e del Senio, erano
presenti numerosissime rocche e castelli con torri e fortificazioni, alcune delle
quali si sono conservate perfettamente fino ai nostri giorni. Il piccolo nucleo
abitativo di Pedriaga conserva ancora intatta la sua maestosa torre, eretta dai
Bolognesi nel XIV secolo e proseguita dagli Alidosi nel secolo successivo, che presenta
alcuni elementi difensivi come le numerose fuciliere. Si tratta di una
imponente costruzione a base quasi quadrata, internamente ad ambiente unico. I
lati misurano rispettivamente rn. 8,50 e m. 7 e raggiunge l'altezza di
quattordici metri, suddivisi in più piani. I paramenti murari in sasso a vista,
sono forati solo dalle rare aperture che presentano però una ricerca di
simmetrie attestante la connessione tra la funzione di difesa e la funzione
abitativa. Un doppio coronamento di mattoni, disposti a più fasce, con elementi
a t ed elementi a dente di sega, contribuisce ad ingentilire la possente
architettura della casa-torre. Si innestano alla torre alcuni corpi di fabbricati
più bassi, aggiunti probabilmente in un secondo tempo quando le diminuite
necessità di difesa portarono ad un maggior sviluppo della funzione abitativa. Si
viene così a definire attualmente, un aggregato con distribuzione planimetrica
quasi a croce, dove un braccio è costituito dalla grande torre, e gli altri tre
dai restanti fabbricati, i quali presentano in parte murature di sasso a vista
ed in parte paramenti intonacati. Tutti i manti di copertura sono in coppi, le
strutture di solaio e del tetto sono in legno ed in parte conservano ancora le
pianelle di mattoni. Per l'antichità dell'impianto delle pregevoli costruzioni
e le caratteristiche costruttive che ancora si conservano, legate all'uso
predominante dì materiali locali quali il sasso a vista, il complesso dei fabbricati
della torre di Pedriaga si segnala come documento di notevole interesse per la
storia dell'architettura appenninica medioevale di tipo abitativo-fortifìcato. Vi
è un sito web ad essa dedicato:
http://torrepedriaga.magix.net/website
Il castello di mercoledì 19 giugno
CISTERNA D’ASTI (AT) – Castello
il castello di martedì 18 giugno
TERNI – Castello in frazione Battiferro I Santi
Antichissimo castello tra Spoleto e Terni, sul quale il
comune di Spoleto pare avesse diritti fino dal secolo XI. Le fonti medievali
che fino al XII secolo lo citano, concordano sull’importanza strategica del
sito occupato dall’abitato fortificato che era preposto al controllo della valle del Serra
e della valle
di Strettura, e conseguentemente alle due principali vie di
collegamento fra Terni e Spoleto. Nel 1190 Transarico di Rustico di Arrone donò
al comune di Spoleto la sua parte del castello, confermando le donazioni già
fatte dall'avo e dal proavo al tempo di Tiberto (Minervio, XIII). Una parte del
castello però apparteneva al duomo di Spoleto, che, nel 1190, tentò di vendere,
ma, non riuscendo, desistette. Nel 1241 Federico II, e nel 1247 il cardinale
Capocci, confermarono al comune di Spoleto il possesso di Battiferro. Nel 1296
tutti gli abitanti del paese lo abbandonarono, ma il comune di Spoleto ve li
riportò con forza. Nel 1325 i signori di Battiferro, i Santi, filii domini
Petri da Spoleto, si ribellarono alla curia del ducato, che confiscò per la
Chiesa la rocca di quel castello. Nel 1410, dopo un assalto dato a Terni da
milizie spoletine, la torre di Battiferro fu ampliata e il luogo meglio
fortificato (Santi 111/23). Nel 1445 Nicolò V lo fece restaurare e divenne sede
di un monastero di cistercensi. I ripetuti attacchi delle popolazioni
avversarie di Spoleto, in particolare dei ternani, provocarono il lento
abbandono del sito: la popolazione rifluì lentamente verso la zona occupata dal
paese attuale e verso Cecalocco. Le strutture del castello ancora conservate
(cinta muraria, porta d’ingresso, alcuni muri perimetrali delle abitazioni ed
una cisterna per l’approvvigionamento dell’acqua) risalgono alla fase di
ricostruzionedell’insediamento, voluta da Spoleto alla fine del XIII secolo. Quella
di Battiferro, posta a 800 metri slm, fu una delle cinque fortezze più potenti
del comune di Terni.
lunedì 17 giugno 2013
Il castello di lunedì 17 giugno
GALTELLI’ (NU) – Castello Guzzetti
Fu fatto costruire all'inizio del 1900 dal conte Paolo
Guzzetti. L'uomo, di origini milanesi, in seguito ad un suo viaggio in
Sardegna, si innamorò del territorio selvaggio della zona e della fauna, così da
decidere di costruirvi questa residenza estiva e palazzina di caccia con
annesso un parco di 2,5 ettari. Situato su una roccia basaltica l’edificio è stato
progettato ispirandosi nelle forme ad un castello medievale, tanto da avere sui merli delle terrazze due cannoncini decorativi (inoffensivi)
posizionati con la bocca verso l’esterno. Il conte Guzzetti, conosciuto
in paese come persona di buon cuore che ha aiutato tanta gente, per le
vicissitudini della vita finì i suoi giorni in povertà. Il castello fino al 1963-1965 era ancora in buon stato di conservazione avendo
ancora tutti gli infissi esterni ed interni e l’arredamento completo delle
stanze. Il terreno su ci sorge il piccolo maniero ha una superficie di mq.
20.500 (di cui un porzione utilizzata per l’esecuzione della attuale scuola
media) e risultava intestato, fino all’acquisizione al Comune, avvenuta intorno
al 1986, alla figlia del conte, Antonietta Guzzetti. All’interno del
castello c’è una domus de janas presumibilmente usata come granaio o
ripostiglio e altre sono presenti nella roccia su cui esso sorge. In seguito
agli ultimi lavori di restauro, l’edificio è stato adibito ad albergo comunale “Castello
Malicas”, dotato di sette camere doppie con bagno, due sale comuni e un locale
di ristorazione.
sabato 15 giugno 2013
Il castello di domenica 16 giugno
TRANI (BT) - Castello di Federico II
(di Mimmo Ciurlia)
La fama di Federico II di Svevia è legata soprattutto alla
costruzione dei castelli, dislocati sulla base di un razionale programma
di difesa militare e di gestione territoriale. Sebbene nella maggior
parte dei casi non si sia trattato di fondazioni ex novo ma di
interventi di ristrutturazione di insediamenti normanni, il rigore
dell'impostazione planimetrica ha impresso un'impronta così marcata alle
strutture preesistenti da annullarle quasi completamente. Il
castello dì Trani è uno dei più importanti e dei meglio leggibili tra
quelli fatti erigere dall'imperatore svevo. Sorge a breve distanza dalla
celebre Cattedrale, in riva al mare, al centro di una rada i cui bassi
fondali costituirono sempre un'ottima difesa sia dalla furia delle onde
che da eventuali attacchi su quel fronte; la sua posizione a margine
della città e la spettacolare altezza delle sue torri gli consentivano
di sorvegliare l'ingresso del porto e le vie di a
ccesso
all'abitato. Su modello dei castelli crociati di Terra Santa, ha un
semplice e funzionale impianto quadrangolare con vasto cortile centrale,
quattro torri quadrate agli spigoli, rivestimento a bugne rilevate,
merlatura piana; fu cinto da un antemurale - un muro fortificato, un
tempo internamente percorribile e munito di freccere - che ne ribadisce
ancora il perimetro, determinando tre cortili minori, e da fossato
acqueo inondato dal mare. Due iscrizioni marmoree sovrastano gli antichi
ingressi, aperti entrambi nel fronte occidentale, rispettivamente nella
cortina del castello e nell'antemurale, datandone la costruzione, nel
mese di giugno del 1233; la seconda afferma che, per ordine imperiale
nel 1249, furono realizzati, il muro di cinta ed una fortificazione
avanzata. Ad una delle due torri sul mare, nel 1240, Federico II fece
impiccare, a vista delle navi veneziane, ree di aver devastato le coste
pugliesi, Pietro Tiepolo, podestà di Milano e figlio del Doge di Venezia,
catturato durante la battaglia di Cortenuova. Nel castello di Trani Manfredi, figlio di Federico II, il 2 giugno del 1259 vi sposò la
seconda moglie Elena d'Epiro e fu ancora in questo maniero che, nel
1266, dopo la sconfitta e la morte di Manfredi a Benevento, la giovane
regina venne catturata con i suoi figli da Carlo I d'Angiò. Nozze
fastose vi furono celebrate anche in età angioina, quelle
dello stesso Carlo con Margherita di Nevers, nel 1268, e del principe
Filippo con Isabella Comneno, nel 1271. Qui fu tenuta prigioniera, dal
1268 alla morte (1279), Siffridina, contessa di Caserta, che aveva
favorito la sfortunata discesa di Corradino dì Svevia e taciuto fino
alla fine i nomi dei congiurati. Conservando inalterata la valenza
strategica della posizione, nel XVI secolo, con l'avvento delle armi da
fuoco, il castello venne adeguato alle nuove tecniche difensive.Ferdinando
de Alarcon, fortificò nel 1533 l'ala sud del
castello, cimando le due torri contigue, sostituendo la merlatura
balistica a quella piana medievale, costituendo a ridosso dell' antica
cortina un cospicuo terrapieno attraversato da una doppia fila di
cannoniere, dopo aver demolito le strutture medievali preesistenti ed
una loggia federiciana sul fronte opposto del cortile centrale. La
trasformazione della cortina meridionale del castello in un massiccio
fronte di fuoco comportò la distruzione dell' insediamento francescano
di S.Pietro, ricadente nel raggio di azione delle artiglierie; parte del
materiale proveniente dalle demolizioni attuate all'interno e
all'esterno del castello fu riversata nel terrapieno o impiegata nello
stesso edificio come materiale da costruzione; esemplare è la lunga
scala a chiocciola che percorre l'intera ala sud, realizzata con lastre
funerarie opportunamente sagomate, che tradiscono la provenienza dal
pavimento della chiesa distrutta. Poco più tardi (1540 -1541), la
costruzione di
due bastioni, uno a bec d'aperon e l'altro a pianta quadra, rafforzò a
sud-ovest e a nord-est gli opposti spigoli del complesso castellare,
proteggendone a fuoco radente tutti i lati; nello stesso tempo determinò
la scomparsa delle difese agli antichi portali nei fronti ovest e sud
dell'antemurale, consistenti in due rivellini, il secondo dei quali
realizzato nel 1495, nonché, l'inversione dell'accesso al castello. Il
fortilizio coprì ininterrottamente il suo ruolo di presidio militare, ad
eccezione degli anni 1586-1677, quando fu sede della Sacra Regia Udienza
della provincia di Terra di Bari. Nel 1799 vi furono rinchiusi e trucidati i nobili idealisti tranesi, i cui corpi vennero gettati in mare. Nel
1831, per ordine di Ferdinando II di Borbone, sgombrato delle
artiglierie, il castello passava dal Ministero di Guerra e Marina al
Ministero degli Interni. Nel 1842 fu eretta al centro del cortile
centrale una cappella esagona; tra
il
1842 ed 1843 furono realizzati i camminamenti su arconi e pilastri che
percorrono tre lati del cortile centrale ed il fronte nord del castello,
sul mare; al 1848 risalgono l'orologio e la piccola torre che lo
contiene, innalzata sul prospetto orientale per essere trasformato in
Carcere Centrale Provinciale. Cessata nel 1974 la funzione detentiva,
nel 1976 l’edificio venne consegnato alla Soprintendenza per i Beni
AAAS della Puglia che nel 1979 ne avviò i restauri per poi aprirlo
finalmente al pubblico il 5 giugno 1998. Si racconta nel castello
viva da tempo il fantasma di Armida, una bella donna dai fluenti capelli
scuri e da profondi occhi azzurri. La storia narra che Armida si
innamorò di un cavaliere, ma venne scoperta da suo marito che dopo aver
pugnalato il suo giovane amato, in preda alla follia, rinchiuse Armida
in una cella nei sotterranei del castello e lì la povera e bella donna
si lasciò morire. Da allora il suo fantasma vaga per i
l
castello alla ricerca di quell' amore. Apparendo agli ignari turisti
e per nulla paurosa della loro presenza sembra che Armida si lasci
avvicinare e farsi sfiorare e agli occhi di questi appare sempre con i
suoi meravigliosi occhi azzurri e con un vestito grigio chiaro dalla
stoffa impalpabile quale seta. Questa storia non è diversa da tante
altre dello stesso genere, ma sembra che a questa si sia ispirato
Eduardo De Filippo per costruire la trama di una delle sue più famose
commedie, "Questi fantasmi". Anche qui la vittima è murata viva, ed anche qui la donna si chiama Armida.
Il castello di sabato 15 giugno
ATINA (FR) – Palazzo Cantelmo
Detto anche Palazzo Ducale, fu costruito dopo il terremoto
del 1349, nello stesso luogo dove era posta la rocca dei d’Aquino. L’edificio
malgrado le asimmetrie, certamente dovute ad una fabbrica preesistente che ne
condizionò la totale armonia, è dotato di una sua organicità e notevole
monumentalità, accentuata dalla tessitura muraria, con l’uso di blocchetti ben
squadrati ed evidenti, che danno un’impressione quasi di bugnato. La
costruzione, a pianta quadrangolare, è scandita da due torri laterali aggettanti, anch’esse a base quadrangolare, di cui
una incompiuta, che ne ingentiliscono il suo aspetto potente e ascensionale. I
dettagli della facciata principale (bifore e rosoni strombati), posta su piazza
Saturno, ci fanno capire immediatamente lo stile gotico del tempo nel quale fu
costruito. Al centro c’é un portale d’ingresso alto 5 m. racchiuso in un caratteristico
arco acuto realizzato in blocchi di travertino. Al di sopra dell’arco è posto
un fregio romano del periodo imperiale. Ai lati si notano una statua di togato
con testa non pertinente databile al II sec. d.C. e una iscrizione romana con
fregio dorico. Detto bassorilievo rappresenta, probabilmente, un’offerta
votiva. Le tre bifore al piano nobile sono originali dell’epoca di costruzione
del palazzo; sotto ognuna di esse è posta una piccola feritoia. Il palazzo, che
ha avuto nel corso del tempo diversi restauri e che oggi è monumento nazionale
e sede municipale, custodisce al suo interno alcuni ambienti rimasti quasi intatti,
come ad esempio la cappella dedicata a Sant’Onofrio. Quest’ultima, di forma
rettangolare absidata, conserva decorazioni pittoriche parietali del XIV secolo
raffiguranti la Madonna col Bambino e san Giovanni Battista, Cristo in gloria e
i santi Onofrio, Giovanni evangelista e Michele arcangelo. All’interno del
salone di rappresentanza, si può contemplare un imponente mosaico a tessere
bianche e nere rinvenuto in una domus scoperta (e solo parzialmente
scavata) in Via Virilassi nel 1946 e databile intorno al II sec. d. C, rappresentante
oltre a motivi geometrici, un guerriero
sannita in quattro posizioni di assalto. Il palazzo, abitato in maniera
saltuaria dai duchi fino al 1458, dopo aver conosciuto i fasti della potenza
medievale era decaduto sotto il principe di Maddaloni Diomede Carafa che lo
aveva spogliato delle sue opere più belle. Così deturpato servì da abitazione
per maestri da campo, luogotenenti e capitani della casa ducale. Successivamente
passò ai d’Aquino, ai Borgia, ai duchi di Montecalmo e nell’Ottocento ai
signori Paniccia di Vicalvi, che nel 1870 lo vendettero al Comune di Atina. In
seguito fu adibito a carcere mandamentale, mentre il salone fu restaurato, agli
inizi del 1900, dal “primo magistrato cittadino” Giuseppe Visocchi e
trasformato in teatro e sala conferenze. Ancora oggi esso è sede di mostre,
conferenze e manifestazioni varie. Al centro dell’edificio è posto il cortile
interno, oggetto dell’ultimo restauro del 2009, caratterizzato dalla presenza
della pavimentazione antica e della scala modificata nel dopo guerra, oltre a diverse
epigrafi e resti di colonne.
venerdì 14 giugno 2013
Il castello di venerdì 14 giugno
MONSELICE (PD) – Castello di Lispida
Si trova nel cuore del Parco Naturale dei Colli Euganei. Papa
Eugenio III nel 1150 confermò all’ordine monastico di Sant’Agostino il possesso
del colle e di una chiesa dedicata a S. Maria di Ispida. Il monastero di
Lispida, sorto in posizione isolata e tranquilla, fu sempre un luogo ricco di
fascino, oltre che un ambiente ideale per la coltivazione della vite e
dell’olivo. Nel 1485 il Doge della Repubblica di Venezia Giovanni Mocenigo
confiscò ai monaci la proprietà con questa finalità: “affinché le vigne, gli
olivi e i campi non siano abbandonati, siano seminati e coltivati nella giusta
stagione, e la pietra del colle ci venga mandata con regolarità”. La storia
monastica di Lispida si interrompe nel 1792. La proprietà venne in seguito
acquistata dai conti Corinaldi, i quali sui resti del vetusto monastero edificarono
le costruzioni che oggi vediamo, le dotarono di cantine imponenti e iniziarono
la produzione di vini rinomati in tutta Europa. Durante la prima guerra
mondiale il Castello di Lispida ospitò il quartier generale del re Vittorio
Emanuele III. In seguito la proprietà passa alla famiglia Sgaravatti, che avviò
un importante centro per la produzione di sementi. Una scelta che venne
mantenuta fino agli inizi degli anni '60 quando l'attuale proprietà procedette con
l’impianto di nuovi vigneti e con programmi di vinificazione legati ai
tradizionali processi produttivi preindustriali; l’azienda riprese dunque la
sua vocazione vitivinicola. Il castello al suo interno conserva preziosi arredi
(mobili, tappeti e stampe antichi, marmi e legni pregiati) e opere d’arte. L'ospitalità
è offerta sia all'interno della villa principale che nei numerosi edifici
annessi alla villa, come la Torretta, il Portico, l'ex granaio. La tenuta si
estende per 90 ettari e comprende un lago termale con sorgenti calde da cui
viene estratto fango terapeutico. Vi è un sito dedicato al castello, che è il
seguente: www.lispida.com
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