domenica 1 settembre 2013

Il castello di domenica 1 settembre






VENAFRO (IS) – Castello Pandone

Venne edificato su di un'originaria muratura sannitica alla quale si sovrappose successivamente una fortificazione romana. In epoca longobarda, inoltre, intorno al X secolo, fu costruito, sempre nello stesso complesso, un recinto quadrangolare con diverse torri delle quali la più visibile è sul lato nord dell'attuale castello. Tale trasformazione avvenne quando il conte Paldefrido vi pose la sua sede. Nel 1138 il castello subì ingenti danni causati dall'attacco operato dalle truppe di Ruggero II di Altavilla. Nel 1270 Rubino De Veris trasformò la fortezza in ostello, mettendola a disposizione della monarchia. Nel 1288 il castello passò da statale a feudale. Subito dopo il terremoto del 1349, gli Angioini fecero aggiungere alla fortificazione tre torri cilindriche ed il fossato, che proteggeva il castello su tre lati. Alla realizzazione del fossato fu coinvolta l'intera popolazione ma non venne mai del tutto completato per via di una rivolta popolare che reclamava le cattive condizioni in cui era costretta a lavorare. Nel 1443 Francesco Pandone ottenne il castello direttamente da Alfonso d'Aragona, che glielo consegnò insieme alla Contea di Venafro. Il Pandone iniziò subito i lavori per un camminamento protetto per le guardie che collegava i due ingressi del castello, a loro volta assicurati con due ponti levatoi (oggi però resi fissi). Allo stesso modo vennero ristrutturate la cisterna ed il relativo meccanismo di raccolta dell'acqua piovana. Al castello si accedeva attraverso un ponte levatoio ad ovest e una postierla ad est. Quest’ultima permetteva l'accesso di un cavaliere alla volta e pertanto poteva essere controllata da una sola guardia. La fortezza gradualmente si trasformò in residenza signorile rinascimentale grazie ad Enrico Pandone, succeduto al padre nel 1498, che vi aggiunse un giardino all'italiana e un arioso loggiato. Egli si trasferì al castello in maniera stabile però solo intorno al 1514, con i propri figli e la moglie Caterina Acquaviva d'Aragona. Fu proprio in questo periodo che gli ambienti interni del maniero vennero abbelliti da raffigurazioni a grandezza naturale di cavalli della scuderia del conte, sua grande passione. La tecnica usata per le rappresentazioni è quella dello stiacciato, un intonaco con figura a basso rilievo su cui poggiare il colore. Di ognuno dei 26 cavalli vengono riportati l'età, la razza, il nome, il colore del manto, il simbolo dell' H (cioè della scuderia di Henricus) e una particolarità del proprio carattere o a chi è stato donato, preziose indicazioni per gli appassionati e gli studiosi di cavalleria rinascimentale. Inoltre, graffiti con schizzi, motti e dediche, si leggono sul cinquecentesco intonaco dei piani nobili. Enrico rimase sempre devoto a Carlo V fino alla discesa di Lotrec dalla Francia. Carlo V ebbe la meglio sul francese e il tradimento costò ad Enrico la decapitazione in Napoli. Alla morte di Pandone, i successivi feudatari lasciarono in stato di abbandono la fortezza. Nel 1600, i sotterranei dell'edificio furono adoperati come carceri, per coloro che attendevano il giudizio. Nel XVII secolo il castello, dopo essere stato della famiglia vicereale dei Lannoy, passò ai Peretti-Savelli, familiari di Sisto V, e nel secolo successivo alla potente famiglia dei di Capua. Giovanni di Capua lo trasformò nella sua residenza in vista del matrimonio che avrebbe dovuto contrarre con Maria Vittoria Piccolomini, agli inizi del Settecento. Grandi lavori furono intrapresi tra cui la rimozione di gran parte dei cavalli fatti realizzare da Enrico Pandone. Il matrimonio rimase un sogno per la prematura scomparsa di Giovanni. Lo stato avanzato dei preparativi per tale evento aveva portato a concretizzarlo nel grande stemma, che è ancora nel salone, dove l'unione dei blasoni delle due casate ricorda un avvenimento che non è mai accaduto. Nel XIX venne destinato ad uso privato e separato in appartamenti agresti. Il castello riacquistò splendore durante la seconda guerra mondiale, recuperando la sua primordiale funzione difensiva. Dopo anni di lavori di restauro l’importante edificio è divenuto sede di convegni e mostre, visitabile ogni giorno. Il castello è a pianta quadrangolare, caratterizzato da quattro torri ubicate intorno ad un cortile rettangolare, di cui tre sono rotonde, mentre la quarta è quadrata ed ha la funzione di mastio. Il mastio si eleva su tre piani comunicanti tra loro mediante botole e scale levatoie. Il pianterreno ospita la sala d’armi e i locali riservati al corpo di guardia. Il primo piano era abitato dal padrone e dalla sua corte. L’ultimo piano era utilizzato come base di vedetta e di difesa. All’interno del castello si possono ammirare ancora uno scalone trecentesco, il piano nobile, il ballatoio cosiddetto dei Cavalli da Corsa, una bella loggia con arcate e la sala dei cavalli da guerra in cui primeggia la sagoma del cavallo San Giorgio, esemplare regalato all'imperatore Carlo V in segno di riconoscenza per aver nominato il Conte Enrico duca di Boiano. Infine, il Salone dei Conti, la Sala del Teatrino (dove nel 1700 venne creato sia un falso palcoscenico che un finto sipario, ai cui lati vennero rappresentati due putti nell’atto di reggere un velo gonfiato dal vento) ed un particolare giardino completano la visita agli spazi interni del castello. Al di sotto del piano di ronda un camminamento con feritoie permetteva il controllo del maniero dal piano del fossato. Il camminamento è interamente percorribile. Dal 18 dicembre 2012, inoltre, ospita il Museo Nazionale del Molise, con una ricca Pinacoteca di testimonianze artistiche molisane, confrontate con altre di proprietà statale, provenienti dai depositi dei Musei di Capodimonte e San Martino di Napoli, della Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma e del Palazzo Reale di Caserta. Il percorso è diviso in due sezioni: il castello, “museo di se stesso”, con le sue valenze urbanistiche, architettoniche e decorative, e l’esposizione al secondo piano di affreschi, sculture, tele, disegni e stampe, in un itinerario che documenta la cronologia – dal Medioevo al Barocco – e i diversi orientamenti culturali di committenti e artisti in Molise. Per approfondire consiglio i seguenti link:



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