venerdì 7 giugno 2013

Il castello di venerdì 7 giugno






MORSASCO (AL) - Castello 

Le prime notizie certe di Morsasco risalgono al 1224 e precisamente alla donazione da parte dei Marchesi del Bosco, unitamente ad altri territori monferrini, alla Repubblica di Genova. Morsasco passò quindi dai Marchesi del Bosco ai Malaspina di Cremolino. Violante Malaspina, figlia ed erede dell'ultimo marchese nel 1530 portò in dote Morsasco al marito, il conte Gio. Batta Lodron, un colonnello dell'imperatore Carlo V di origine trentina. I conti di Lodrone tennero il feudo sino al 1599 quando, estintasi la linea maschile, lo stesso tornò alla Camera Ducale. Vincenzo I Gonzaga, Duca del Monferrato, vendette a Barnaba Centurione Scotto di Genova il feudo di Morsasco il 21 di luglio 1599 con il titolo Marchionale. Il paese seguì il destino del Monferrato sino all'avvento dei Savoia nel 1708, entrando a far parte del Regno di Sardegna prima, del Regno d'Italia poi, ed infine della Repubblica Italiana sino ai giorni nostri. Il castello, che si erge maestoso sulle case dell’antico ricetto, è posto in posizione dominante sulla valle della Bormida; dalla sua torre era possibile controllare la vastissima zona che va dalle colline di Acqui ad Ovest sin oltre Alessandria ad Est, e dal massiccio del Monte Rosa a Nord sino all'Appennino Ligure a Sud. La struttura originaria era di più modeste dimensioni, consistente in una cinta muraria dotata di torri quadrate, con il palazzo baronale al centro. Il castello fu ingrandito all'inizio del 1700 dai Principi Centurione. Nel corso dei secoli ha perso le caratteristiche militari e ha subito consistenti e radicali ristrutturazioni; oggi si presenta come una dimora signorile dai grandi saloni e dalle piacevoli sale. Sulla facciata principale sono visibili ancora tracce degli stemmi nobiliari delle famiglie che ebbero la signoria su Morsasco: Aleramo, Del Bosco, Malaspina, Lodrone, Guasco, Gonzaga, Centurione Scotto, Pallavicino, dipinti negli anni venti del secolo scorso. Vi si accede passando attraverso un'alta porta, ricavata alla base della torre campanaria che presenta ancora le tracce del ponte levatoio, sostituito nel 1740 da un ponte in pietra. All'interno del maniero si trovano gli appartamenti dei castellani, due bellissime sale affrescate ed ornate da antichi camini, infine orride prigioni ove si leggono ancora graffiti ed iscrizioni che vi lasciarono gli antichi e sfortunati prigionieri. Di grande bellezza sono, in particolare, il camino in pietra del Salone Nuovo, fatto realizzare dai Lodron a inizio del ‘500 e la galleria del gioco della Pallacorda (inizio ‘700). La cappella interna, costruita dove un tempo era il pozzo del cortile interno, è dei primi anni del ‘700 ed è dedicata a Santa Caterina da Siena, patrona dei Principi Centurione Scotto. Tra i visitatori illustri del castello si ricorda il passaggio di San Luigi Gonzaga. Dal parco si gode di una bella visione sulle colline del Monferrato. I Centurione, diventati Principi del Sacro Romano Impero nel 1654, ebbero il diritto di esercitare la giurisdizione criminale (anche capitale) sui loro sudditi di Morsasco; a testimonianza di ciò esiste ancora oggi una casa detta "del Boia" vicino alla "porta dell'orologio" prospiciente la piazza del paese. L'edificio conserva questo nome perché qui era posta la trave dove pendeva il "canapo" atto ad infliggere i "tratti di corda": il reo era spogliato ed era "tirato su" con i polsi legati ad una corda passante per una tagliola. Egli rimaneva appeso per qualche minuto, poi era lasciato cadere. Il cigolio della tagliola unito alle urla dell'incriminato, che dopo un qualche tempo si tramutavano in gemiti, offrivano alla scena una spettacolarità che doveva essere di deterrente al ripetersi di episodi delittuosi. Il castello di Morsasco è inserito nel circuito dei "Castelli aperti" del Basso Piemonte. Attualmente è di privati ed è location per eventi esclusivi. La visita, guidata dai proprietari, oltre a comprendere il piano nobile dell'edificio, riguarda i sotterranei e i granai dove è allestita una collezione di manodomestici del XIX-XX sec. e si conclude nella cantina con le grandi botti (400-300 brente).

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