sabato 15 dicembre 2012

Il castello di sabato 15 dicembre





MESAGNE (BR) – Castello Normanno-Svevo 
(scritto da Mimmo Ciurlia)

La posizione eminente del sito e la presenza di acqua sorgiva nelle immediate vicinanze, spinse gli antichi conquistatori, tra alto e basso Medioevo, a sceglierlo come sito per erigere un castrum a protezione della Via Appia tra Taranto e Brindisi. Il documento più antico che menziona il castrum risale al periodo svevo, datato 1220, quando Federico II ordinava la demolizione dei castelli privati riservando a se stesso il diritto di costruirne di nuovi o restaurare e ripristinare quelli già esistenti. Nell’elenco dei castelli da restaurare è menzionato proprio il Castrum Mejanii. Nel 1256 Manfredi assediò Mesagne per combattere una lega anti-sveva creata tra Brindisi, Mesagne, Lecce ed Oria. In quella occasione il castrum di Mesagne, benché fortemente devastato, fu usato come base di appoggio per l’assalto a Brindisi. Mesagne fu poi ricostruita dagli Angioini nel 1276. In un manoscritto di fine Cinquecento, lo storico Cataldantonio Mannarino, ci tramanda che il nucleo più antico del castello, pericolante, fu abbattuto da Giannantonio del Balzo Orsini intorno al terzo, quarto decennio del ‘400. Al suo posto venne edificato l’attuale torrione, circondato da un fossato profondo due metri e largo ben nove. La torre era dotata di un ponte levatoio, probabilmente situato sul lato meridionale, in corrispondenza dell’auditorium. Infatti le uniche caditoie, le feritoie da cui si facevano precipitare materiali vari per colpire il nemico, sono poste su questo lato. La città era protetta da una cinta muraria che comprendeva anche 22 torrette difensive. Nel XVII, al tempo dei feudatari di casa De Angelis, subentrati agli Albricci, il castello di Mesagne assunse le attuali sembianze. Infatti il castello medievale fu trasformato radicalmente, intorno al 1660 dall'architetto e sacerdote mesagnese Francesco Capodieci, di cui i De Angelis furono i mecenati e al cui estro si affidarono per rendere armoniosa l’imponente struttura: a lui si deve la progettazione dei piani superiori. Negli immensi sotterranei erano state realizzate, tra il Cinquecento ed il Seicento, diverse “posture" e "cellari", per la conservazione dell'olio e del vino prodotti nei vasti possedimenti dei feudatari di Mesagne. I De Angelis spesero somme ingenti per trasformare l'antico castello in residenza moderna, e attuarono una serie di restauri destinati ad imprimere all’antico maniero quel volto barocco che avrebbe conservato fino al giorni nostri. Gli ambienti che caratterizzano il castello sono il Torrione diviso in cinque camerette in cui si nota la presenza di feritoie e di stipi. Esse sono dotate di grandi camini che hanno la canna fumaria in comune. Nella stanzetta centrale vi sono le scale di accesso alle carceri, ed un pozzo di acqua sorgiva. Nella prima stanza ad ovest si trova quella che si ipotizza essere una porta o una loggia; accanto alla finestra vi è un servizio igienico. Alla base del Torrione sono collocate le carceri. Le celle erano sei, sebbene attualmente soltanto quattro siano accessibili. Vi si accedeva grazie a due ripidissime scale, oramai del tutto consunte a causa del tempo. Altra via di accesso era una angusta scala a chiocciola, in parte crollata e che oggi è stata ricostruita per un breve tratto per consentire l’accesso a questi ambienti. Le celle sono soffocanti, e si può immaginare in quale stato versassero i prigionieri, incatenati ad anelli di ferro infissi nel muro. Le celle collocate a nord sono dotate ciascuna di una piccola finestra, all’altezza della base della torre. Proprio al centro del castello si trova il cortile interno ritenuto l’antica piazza d’armi. Qui probabilmente si riunivano i soldati prima di mettersi in marcia. Un tempo, al centro dell’atrio, vi era un pozzo con abbeveratoio. Esistono anche due bocche tramite le quali si raccoglieva l’acqua piovana. Attraverso il cortile si aveva accesso alla rimessa, ad un magazzino e alla stalla. Dal cortile dove affacciano il porticato rinascimentale e gli appartamenti nobiliari, si accede ad un loggiato secentesco che sorge nell’ala occidentale del castello, esattamente sopra la cantina. Esso fu fatto costruire dal principe Giannantonio Albricci e venne terminato nel 1661. Si ha testimonianza di questa data, oltre che in alcuni documenti, anche su un frammento di mosaico collocato sul pavimento. Nel Seicento la loggia era coperta da un grande tetto in legno, sorretto da una duplice fila di colonne. Nel mezzo si trovavano vasi con piante decorative. L’ambiente che più colpisce però è la gran sala che era la stanza di rappresentanza. Qui si tenevano banchetti e riunioni. La copertura della sala è realizzata con suggestive capriate lignee, un sistema di copertura in cui le travi di legno del tetto rimangono a vista. Fino a qualche decennio fa, esisteva un soffitto di tavole a quadrelli che è andato distrutto nelle varie fasi di vita del castello. Le pareti presentano preziosi affreschi, raffiguranti stemmi di casate nobiliari. Sul lato meridionale si osserva una piccola stanzetta, che era probabilmente adibita a cappella privata. Gli ambienti però che caratterizzano fortemente il castello di Mesagne sono le neviere e le cisterne. La neviera era un ambiente sotterraneo, interamente rivestito in legno, in modo tale da ottenere un discreto isolamento termico. Qui un tempo veniva immagazzinato il ghiaccio, utilizzato per conservare le vivande. La neve veniva raccolta sulle montagne delle Murge tarantine e, dopo essere stata compressa in sacchi di canapa, era condotta a Mesagne e conservata, appunto, nelle neviere. All’interno del castello esistevano due di questi ambienti: il primo era collocato sotto il pavimento della stanza sulla sinistra dell’ingresso principale. La seconda neviera era ubicata sul lato nord-ovest del castello, in corrispondenza dell’attuale sala mostre. Una delle principali risorse dell’economia mesagnese è stata nei secoli scorsi la coltivazione dell’olivo e ciò spiega perché questa città fosse così ricca di frantoi. L’olio prodotto era per lo più conservato nelle cisterne del castello. Queste in origine erano quattro, della capienza di circa centomila litri l’una. Successivamente ne furono aggiunte altre due. L’ultima non è visibile, essendo stata murata negli anni ’50 per problemi di stabilità della torre. Ogni cisterna è rivestita nella parte inferiore con pietra calcarea impermeabile e, in quella superiore, con carparo o tufo, materiali piuttosto porosi: ciò fa supporre che queste vasche fossero riempite soltanto fino ad un determinato livello. In corrispondenza delle bocche, fori attraverso cui l’olio veniva introdotto nelle cisterne, ci sono le “pozzette di decantazione”. Queste servivano per raccogliere gli scarti dell’olio, che, più pesanti, si depositavano sul fondo. I fori che si osservano nelle pareti, si rendevano forse necessari per il ricambio dell’aria nella cisterna. Ciò risultava utile quando si ripulivano queste vasche, che altrimenti sarebbero state inaccessibili perché sature di gas nocivi. Le porte di comunicazione fra le cisterne sono state aperte di recente, per rendere questi ambienti visitabili. La fervida fantasia popolare ha ispirato miti e leggende, che vedono il castello al centro di incredibili vicende. Quella che più colpisce riguarda un fantomatico pozzo irto di spade acuminate. Si narra che i prigionieri dopo essere stati sottoposti a crudeli torture nelle carceri, vi fossero gettati senza pietà. Questa leggenda è di gusto squisitamente medievale; essa potrebbe derivare proprio dal fatto che all’interno del torrione, nucleo più antico del castello, esiste effettivamente un pozzo, la cui conoscenza incompleta e parziale avrebbe acceso la fantasia popolare. Molti dicono di aver visto con i propri occhi questo pozzo, ma nessuno sa indicare con precisione dove esso si trovasse. I mesagnesi più anziani sono certi che il castello di Mesagne fosse dotato di un corridoio sotterraneo segreto che avrebbe collegato Mesagne con San Vito Dei Normanni. C’è però chi sostiene che il tunnel terminasse a Latiano o addirittura a Oria e che il passaggio fosse largo abbastanza per far passare una carrozza e che fosse illuminato con torce. Il tunnel partiva probabilmente da sotto il torrione o da sotto la rimessa. Effettivamente nei castelli, solitamente esisteva una fitta rete di passaggi segreti. Ciò ha forse determinato la nascita di questa leggenda. Tuttavia, il passaggio segreto non è stato mai ritrovato, nemmeno durante i lavori di restauro. Gli ultimi feudatari del castello furono gli Imperiali che nel 1908 cedettero il Castello alla principessa Iran d’Abro Pagradite. Il Castello fu poi acquistato dal Comune di Mesagne dagli ultimi proprietari, i Granafei, il 15 marzo 1973. Il 23 dicembre 1996 il castello parzialmente restaurato viene riaperto al pubblico destinandolo a scopi culturali. Il 14 luglio 2001 viene inaugurato il primo piano. Oggi il castello comunale mostra tutto il suo splendore; oltre ad essere un bellissimo monumento è anche un importante contenitore culturale; l’auditorium ospita convegni, conferenze,
incontri e matrimoni civili; il torrione e il piano nobile accoglie mostre temporanee mentre le sale al piano terra accolgono il Museo del Territorio “U. Granafei” con importanti reperti della civiltà messapica.


Nessun commento: