martedì 13 marzo 2012

Il castello di martedì 13 marzo



CARPINONE (IS) – Castello Caldora

Le origini di Carpinone, anche se non antichissime, risalgono almeno al X secolo visto che nel 1064 il conte d'Isernia Bernardo aveva qui fondato il Monastero di San Marco, donato poi all'abbazia di Cassino. Appartenuto alla Contea d'Isernia durante la dominazione longobarda, in epoca normanna e sveva fu di pertinenza della Contea di Molise. Agli inizi del periodo angioino fu concesso in feudo da Carlo III di Durazzo a Tommaso d'Evoli e alla sua famiglia tornò nuovamente nel 1382 dopo che era appartenuto prima ai Tucciaco e poi al conte di Gravina. Il Castello di Carpinone fu costruito probabilmente nel periodo normanno. A forma di pentagono irregolare e delimitato da ben cinque torri, fu edificato su un’impressionante burrone a picco sul fiume Carpino, tanto da risultare inaccessibile da ben tre lati. Nel 1223, in base ad un editto emanato da Federico II di Svevia, il castello venne distrutto da Ruggiero di Pescolanciano. Fu poi ricostruito nel corso del XIV secolo dalla famiglia d'Evoli, nel 1400 fu ampliato ed arricchito dal condottiero Giacomo Caldora e dopo di lui dal figlio Antonio che prescelse il castello come sua abituale dimora. La battaglia di Sessano del 1442 per conto degli Angioini, segnò il declino dei Caldora e portò il re aragonese Alfonso I tra gli spalti del maniero. Il re mostrò di apprezzare molto il valore del capitano Antonio Caldora, nel cui castello fu ospite la sera stessa della battaglia e non volle privarlo dei suoi beni. Il castello nei secoli è stato luogo di occasioni festose: soprattutto i Caldora organizzavano di frequente ricevimenti e tornei di caccia, a cui partecipavano dame e cavalieri appartenenti a famiglie prestigiose. Il castello è stato anche luogo di efferate esecuzioni capitali e della barbara usanza dello “ius primae noctis”, tradizione feudale particolarmente cara ai Caldora, che vedeva le giovani donne del luogo costrette a dare la loro verginità al signore locale, prima che al proprio marito. Il castello Caldora, in quanto dimora del signore feudale, era anche il luogo in cui veniva amministrata la giustizia e divenne successivamente la sede della Pretura del locale Mandamento. E' probabile, stando alle notizie dello storico Faraglia (riportate nella sua opera "Storia della lotta tra Alfonso d'Aragona e Renato D'Angiò"), che nel castello sia stato depositato il famoso tesoro dei Caldora, che comprendeva non solo una notevole quantità di monete ma anche gioielli di enorme valore. Altre famiglie feudatarie che abitarono il maniero furono i Pandone, i Carafa, i De Regina, i Ceva Grimaldi e i De Riso, che lo mantennero fino all'abolizione della feudalità, nel 1806. Nel 1954 il notaio Valente, uno degli ultimi proprietari, fece ricostruire l'intero piano nobile ed il secondo piano, adattandoli alle nuove esigenze abitative. L’entrata del castello era un tempo difesa da un ponte levatoio e da una porta, che si affacciava sul cortile, tirata da catene, che scorreva a saracinesca negli stipiti. Al suo interno possiamo trovare il cortile del piano terra dove erano le scuderie, i magazzini e gli alloggi per il corpo di guardia. Il piano nobile era costituito dagli ambienti di rappresentanza - resi confortevoli da Giacomo ed Antonio Caldora al fine di accogliere personaggi di primo piano della politica del tempo - e dalla cappella gentilizia, mentre al secondo piano si trovano le stanze da letto ed i servizi. Nei sotterranei c'erano le prigioni tenebrose e i locali per le torture. Si racconta che nella parte nord del castello, a picco sul baratro, aprendosi a sorpresa, una botola faceva precipitare nell'abisso tutti coloro che "non servivano più". Danneggiato dai terremoti del 1456 e del 1805, il fortilizio attualmente si presenta, con le sue torri superstiti, in uno stato di evidente maestosità e rappresenta una delle fortificazioni più suggestive nel panorama castellano del Molise. E' di proprietà privata.

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